L'Aquila: don Ciotti, "la vera memoria è non ucciderli una seconda volta"

don Ciotti | Expresión - Il Blog di Maria Cattini

di Maria Cattini - “Ricostruire nella legalità significa ricostruire L’Aquila”, così è iniziato il Convegno, promosso dalla sezione abruzzese dell’Associazione nazionale magistrati e dell’Associazione Libera, nel giorno del quarto anniversario del sisma del 6 aprile, per parlare delle responsabilità delle istituzioni nel ritardo della ricostruzione, di legalità, democrazia e giustizia.
L’Auditorium di Renzo Piano al Castello in realtà è risultato ‘strettino’ per un’occasione così importante e che ha visto riuniti tanti cittadini, studenti, magistrati e forze dell’ordine, molti dei quali costretti a seguire il dibattito grazie ad alcuni altoparlanti posizionati all’esterno della struttura.
Il dibattito, moderato da Roberto Giacobbo e animato da Gian Antonio Stella, Carlo Bonini, Giuseppe Pignatone, don Ciotti e dal presidente del Senato, Pietro Grasso, è stato preceduto dalle parole del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, che ha auspicato che diventi «un appuntamento fisso ogni anno, una sorta di bilancio della ricostruzione». Ai tanti studenti presenti si è rivolto il presidente della Corte d’Appello, Stefano Schiro. «Non c’è delega per la legalità. E’ l’inerzia a lasciare libero il campo all’illegalità. L’antimafia che noi preferiamo è quella di Libera e della stampa d’inchiesta».
E dalle firme del giornalismo presenti sono partite le denunce della situazione drammatica che sta vivendo questa città dove la ricostruzione stenta a partire e la sfiducia aleggia nell’aria. «Il dramma attuale - ha detto Gian Antonio Stella del Corriere della Sera - è il frutto più vistoso della inconsapevolezza culturale, se non della ignoranza, di una classe dirigente che non si è posta come doveva la questione della ricostruzione della città. In una città che ‘era’ bellissima, hanno costruito degli alloggi lontano dal centro storico (le new-town, ndr), pensando sarebbe bastato, così come pensavano sarebbe bastata una torta e lo spumante in frigorifero”. E punta l’indice sul disinteresse per l’esperienza del Friuli, dove le comunità hanno potuto ricostruire da sé le proprie case e sulla disparità di trattamento.” Gli aquilani, purtroppo non sono stati trattati come i friulani, ma come ‘terroni'».
«Agli aquilani è stata raccontata una enorme bugia - ha rincarato la dose Carlo Bonini di Repubblica - così come agli italiani. Si è detto che a L’Aquila, che nel frattempo era diventato un set cinematografico, era stato fatto tutto, e invece non si era neanche iniziato. Eppure gli aquilani furono ‘picchiati’ per poter arrivare a Montecitorio e gridare le proprie ragioni». E sulle infiltrazioni della criminalità organizzata, «bisognerebbe interrogarsi sul metodo mafioso, il format, con cui ci si è impadroniti di appalti e subappalti» ed è chiarissimo il riferimento alle «inchieste sugli isolatori sismici del progetto Case, che risulterebbero difettosi» e all’urgenza negli affidamenti, richiesta dal periodo emergenziale, che ha fatto proliferare comportamenti mafiosi». E conclude, «con facili profitti e facili consensi L’Aquila non verrà mai ricostruita».
Per Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Roma, bisogna invertire l’ordine dei fattori «ricostruire L’Aquila partendo dalla legalità» con l’aiuto sì della Magistratura, ma non solo. «La Magistratura non può essere l’unica che risolve i problemi, ognuno di noi deve scendere in campo e fare la propria parte». Nel parlare in particolare dei problemi legati alla ricostruzione, ha affermato che «i processi non possono essere un ‘alibi’ dei ritardi. I lavori devono partire indipendentemente dai processi ed è assurdo invocare le sentenze definitive».
Ha scosso le coscienze l’intervento di Don Ciotti, fondatore di Libera, che si è rivolto soprattutto ai ragazzi delle scuole superiori, protagonisti di due video sul terremoto, «Terremutati» e “Il volto della giustizia”.
«L’avete gridato con le vostre parole, non basta commuoversi ora bisogna muoversi - ha detto don Ciotti - c’è bisogno di una nuova coscienza civile e di essere responsabili. Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, non è opera di navigatori solitari, e se trovate qualcuno che ha capito tutto, salutatelo e cambiate subito strada. Dobbiamo sentire il bisogno di responsabilità, conoscenza è responsabilità. C’è bisogno di conoscenza, di parole vere e non disimpegnate come ne abbiamo sentite troppe in questi anni. E’ stata una sofferenza vera, profonda, aver visto arrivare a L’Aquila il G8. Non c’era bisogno di trasformare la sofferenza in spettacolo. E’ stata una sofferenza vera anche il funerale di Stato, il dolore lancinante di tanta gente e il cinismo di altri. Volevo dirlo per un atto di verità. Un atto d’amore verso questa terra che conosco e che ho sempre frequentato. Esercitare la memoria significa responsabilità e verità. La vera memoria è non ucciderli una seconda volta».
Sulla legalità ha sottolineato che questa non è neppure un valore, è solo il mezzo fondamentale per raggiungere l’obiettivo che si chiama giustizia e che si fonda sulla democrazia. «Già prima del terremoto la mafia, che io chiamo peste - ha continuato don Ciotti - era già presente. Sono 50 i beni confiscati alle mafie in Abruzzo, 25 solo nella provincia dell’Aquila. Sapete dove si trova Tagliacozzo? Fu proprio Libera a denunciare quella situazione. Così come quella dei “cessi” durante l’emergenza terremoto. Ma è chiaro che tutto ciò è stato possibile anche grazie alla collusione tra la politica, gli imprenditori e i professionisti. Ma non dobbiamo smettere di avere fiducia. La verità passeggia nelle vie della nostra città. C’è tanta gente che sa, sapeva e deve scegliere, responsabilmente, da che parte stare». E in conclusione «il primo codice etico che ciascuno di noi deve seguire è la Costituzione Italiana, senza il suo rispetto non ci può essere storia».
E’ da registrare che Gianni Letta, seduto in seconda fila, ha lasciato la sala durante l’intervento applauditissimo di don Ciotti, senza attendere l’intervento del presidente del Senato, Pietro Grasso che ha chiuso il dibattito.
Il neo presidente del Senato ha salutato positivamente il passaggio alle funzioni ordinarie dopo un periodo troppo lungo trascorso in emergenza. «Essere qui ha un significato simbolico per il ruolo che ricopro. Abbiate fiducia, coraggio e speranza. La ricostruzione dell’Aquila è una questione nazionale. Un impegno imprescindibile per noi. Enti locali e Stato hanno dato ora continuità agli strumenti per ripartire con la ricostruzione –ha spiegato. - Sia il sindaco Cialente che il ministro Barca mi hanno rassicurato. Speriamo di ricostruire in 5 oppure 6 anni. So che per il centro sono necessari oltre 5,8 miliardi di euro, ma ripeto, sono ottimista».
Il presidente ha anche invitato il prefetto ad utilizzare il metodo delle white list per evitare infiltrazioni e di effettuare numerose visite nei cantieri. «Grazie al gruppo di lavoro creato subito dopo il terremoto – ha ricordato nel suo intervento di chiusura – abbiamo evitato che l'Aquila diventasse preda delle consorterie mafiose». E in conclusione, «un ringraziamento agli aquilani per la loro capacità di indignarsi e per la loro rabbia positiva. Ora lo Stato deve fare la propria parte», con una citazione di Gramsci «L’indifferenza è il peso morto della storia».
Davanti all'Auditorium del castello - durante il convegno - un piccolo gruppo di cittadini ha contestato la parlamentare abruzzese del Pdl Paola Pelino. Alcuni, hanno mostrato dei cartelli con l'articolo della Costituzione sulla proprietà privata che ritengono violata, altri hanno detto: «Non ci rappresenti».

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