Abruzzo, Pd: il congresso che non c’è, nel dalfonsiano Trono di Spade
di Maria Cattini – Tempo di congresso, per il partito democratico abruzzese. Dovrebbe. Ma tutto tace, tutti tacciono; tranne qualche rara eccezione, soltanto silenzi imbarazzati e “no comment” in attesa di un democratico Godot. Silenzi che celano una imbarazzante situazione di stallo, tra mancate decisioni e incapacità nel prendere posizioni. Tra plenipotenziari e risoluti decisionisti sia a livello nazionale, Renzi, che regionale, D’Alfonso, molti la vedono probabilmente come una cosa inutile, non prioritaria in questo momento.
Eppure a fine settembre, secondo il regolamento nazionale, si sarebbe dovuto tenere il congresso regionale del Pd Abruzzo, rinviato per via delle elezioni regionali. Ma ad oggi il partito regionale non si è riunito e la Direzione non ha potuto approvare regolamento, modalità e date. Non ci sono scuse plausibili: il regolamento sarà come quello del congresso nazionale, ma non c’è da inventare alcunché.
Quindi perché questo silenzio in un partito, di fatto, senza testa e senza guida da mesi?
Anche se tutto tace, apparentemente, in realtà il congresso si è già avviato sottotraccia. Ad un attento osservatore, infatti, non è sfuggito che venerdì scorso, in occasione della nuova affollata visita abruzzese di Pippo Civati, alla Festa dell’Unità di Lanciano c’erano tutti i candidati finora usciti allo scoperto: quelli della costa (Andrea Catena, Alexandra Coppola e Marco Rapino; mancava stranamente il “padrone di casa”, Alessandro Marzoli, che forse ha rinunciato) e quello aquilano (Paolo Della Ventura). Mentre la presenza di quest’ultimo, civatiano da sempre, era scontata, le presenze pescaresi (renziani della prima, seconda ed ultima ora) sono state una sorpresa. L’unica ragione, pertanto, è che il congresso sia già iniziato di fatto.
E si torna alle domande iniziali: perché c’è un congresso senza congresso? Perché questo silenzio assordante ed ingiustificato di Silvio Paolucci (attuale segretario uscente)? Forse il neo plenipotenziario presidente regionale, Luciano D’Alfonso, ha deciso di mettere le mani anche sul partito non contento di avere già la Regione da governare? Dopo mesi di limbo, prima per la fase organizzativa delle elezioni, e poi nel lungo mese successivo di costruzione della giunta regionale, il partito si trova in un pantano che non giova a nessuno tranne che a D’Alfonso, ma anche a chi vuole che nulla possa cambiare per avere un partito funzionale solo alle rendite di posizione di chi già c’è. Senza tante seccature, magari deve pure vedersela con un partito che pungola e dà indirizzi, vuole fare cose diverse, trova altri modi, altre strade, altre soluzioni. Ma non è questo forse il ruolo ultimo di un partito? E di un partito che si chiama democratico non lo è forse a maggior ragione?
Tra l’altro, a ben vedere, andando a leggere i nomi dei candidati, emerge che tutti quelli della costa sono parte, con ruoli diversi, della uscente segreteria regionale del partito, che ha all’attivo, o meglio al passivo, i risultati elettorali peggiori tra quelli nazionali, nelle ultime tre elezioni, con un partito che non riesce a decidere di celebrare il congresso per rinnovarsi. L’unico davvero nuovo, che rischia di sparigliare i giochi, è proprio l’aquilano, Paolo Della Ventura, la cui candidatura pare abbia creato non pochi imbarazzi nella leadership storica.
Sembra un po’ come la guerra tra i Lannister della costa e gli Stark delle aree interne, vedremo come proseguirà la guerra per il Trono di Spade del pd abruzzese. Le truppe si stanno già muovendo, il congresso è già iniziato, anche senza un congresso, anche senza il pensiero del deus ex machina, o forse dovremmo dire del deus ex tir. Lui faccia il presidente di Regione, il partito democratico faccia il partito, democratico.
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