Ma il pollice all'insù è veramente consenso?
L'uso del pollice all'insù come simbolo di approvazione e consenso nell'era digitale solleva alcune riflessioni sul peso e l'importanza dei nostri gesti virtuali.
Questa emoji, ormai radicata nella nostra comunicazione online, potrebbe essere diventata una sorta di vincolo? Dovremmo invece imparare a attribuire maggiore significato ai nostri gesti.
Nell'antica Roma, il pollice verso il basso era un segno di condanna a morte per un gladiatore sconfitto nell'arena del Colosseo.
Nel web, invece, un pollice all'insù (il famoso "like") non è meno significativo e non influenza meno il destino di una persona.
Recentemente, la notizia di un giudice canadese ha attirato l'attenzione.
Il giudice ha stabilito che un imprenditore che aveva risposto con un pollice all'insù ? (una delle tante emoji protagoniste della nuova comunicazione tramite chat) a un acquirente abituale che gli aveva inviato un contratto per l'acquisto di lino, avesse in effetti accettato il contratto come se lo avesse firmato.
Il giudice coinvolto nella sentenza ha specificato che non stava stabilendo una regola generale o un principio valido per tutte le situazioni, ma stava prendendo una decisione su un caso specifico in cui tra i due imprenditori c'era una lunga tradizione di contratti conclusi con scarsa attenzione alla forma.
Questa circostanza ci ricorda che alcuni dei nostri gesti digitali, sebbene immateriali, hanno acquisito un significato sociale e giuridico univoco e sono diventati parte di un nuovo linguaggio globale che non ha meno valore delle parole scritte in una lingua specifica.
Non considerare questo aspetto può comportare conseguenze significative, ma soprattutto può offendere, danneggiare la reputazione degli altri, discriminare e arrecare danno al destinatario di determinati simboli o dei contenuti ai quali applichiamo determinate icone.
Questo richiama due riflessioni importanti.
La prima riguarda tutti noi: dovremmo imparare a dare maggiore importanza a certi gesti tipo pollice all'insù "like" che, pur essendo immateriali, possono offendere, danneggiare la reputazione degli altri, discriminare e arrecare danno al destinatario di certi simboli o dei contenuti ai quali applichiamo determinate icone.
La seconda riflessione riguarda tutti noi. Se mettere un like è così facile e lo facciamo con leggerezza e frequenza, non è solo perché siamo superficiali o di fretta, ma è il risultato di scelte progettuali e di sviluppo delle piattaforme stesse che influenzano la nostra esperienza online.
? Il punto è che quanto più è facile mettere like, tanto più like mettiamo, e tanto più i contenuti si diffondono.
Ciò comporta una maggiore raccolta di dati personali da parte delle grandi piattaforme digitali, che a loro volta diventano sempre più precise e preziose nel creare profili di consumo da "vendere" agli inserzionisti pubblicitari.
In sintesi, per i gestori delle piattaforme, è più conveniente che gli utenti mettano like con leggerezza, rapidità e spensieratezza, anziché farlo in modo ponderato e riflessivo. E qui risiede il paradosso del pollice all'insù: così leggero, ma così importante.
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