Antisemitismo o strumentalizzazione? La post-verità minaccia la libertà di espressione in Italia

L'inasprirsi del dibattito sull'antisemitismo in Italia è stato accompagnato da allarmanti notizie nei principali media nazionali, sostenendo che nel 2024 siano stati registrati ben 877 episodi di odio contro gli ebrei, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Questo dato, se preso senza un'analisi accurata, dipinge un Paese sull'orlo di un’ondata di antisemitismo senza precedenti dal dopoguerra. Tuttavia, un esame più approfondito dei fatti rivela una realtà ben diversa.
L’ambiguità dei dati: antisemitismo o dissenso politico?
Secondo il rapporto della Fondazione CDEC, la grande maggioranza degli episodi registrati non corrisponde a veri e propri atti di antisemitismo, ma piuttosto a espressioni di dissenso politico contro le politiche di Israele, in particolare riguardo alla situazione nella Striscia di Gaza. Tra gli atti catalogati come “antisemiti”, troviamo casi che rivelano una chiara strumentalizzazione della causa palestinese. Alcuni esempi includono murales con la scritta "Palestina libera", adesivi che trasformano il logo della RAI in “Radio Televisione Israeliana”, o addirittura il rifiuto del consiglio comunale di Pinerolo di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. Anche uno striscione con la scritta "Intifada studentesca" esposto dagli studenti universitari di Torino è stato incluso nella lista.
Questo tipo di confusione tra antisemitismo e antisionismo non è affatto una novità, ma è ormai diventato uno schema retorico ricorrente, utilizzato per criminalizzare qualsiasi critica a Israele. L'inclusione di atti che non hanno nulla a che vedere con l'antisemitismo, ma che rappresentano manifestazioni politiche contro il governo israeliano, contribuisce a gonfiare i numeri e a costruire una narrativa di emergenza che rischia di offuscare la realtà dei veri episodi di odio contro gli ebrei.
Il rischio della post-verità
Il vero problema risiede, però, nella strumentalizzazione che deriva dall'adozione di un rapporto parziale e fazioso come base per le politiche nazionali. Il governo italiano ha recentemente approvato una strategia di lotta all'antisemitismo basata esclusivamente su questi dati, approvati dal Consiglio dei Ministri il 19 febbraio 2025. Si tratta di un documento che, pur essendo discutibile per il suo approccio superficiale, è diventato la pietra angolare di una serie di misure di monitoraggio e controllo dell'informazione. Un rapporto che nessun giornalista si è preoccupato di mettere in discussione, accettandolo come verità incontestabile.
Questo episodio non è un caso isolato: dimostra come la post-verità stia diventando un metodo di governo. La narrazione, indipendentemente dalla sua veridicità, diventa uno strumento per giustificare politiche pubbliche e misure di repressione del dissenso. In un simile contesto, la verità cede il passo alla costruzione di una realtà artificiale, in cui le voci critiche vengono messe a tacere, mentre i media ripetono senza sosta la versione ufficiale.
La fine della democrazia e l’inizio della post-democrazia
Il fatto che nessuno si interroghi sulla veridicità dei dati presentati da un rapporto che condiziona il futuro delle politiche governative, segnala una grave perdita di indipendenza e trasparenza nel discorso pubblico. Quando si costruisce una politica pubblica su basi precarie e non verificate, l’intero sistema democratico rischia di perdere di efficacia. I fact-checker esaminano con scrupolo ogni dichiarazione scomoda, ma quando è il governo a utilizzare rapporti dubbi per giustificare le proprie scelte, non si alza alcuna voce di dissenso.
Viviamo in un’epoca in cui la libertà di espressione e il pluralismo dell’informazione sono minacciati dalla preminenza di una verità ufficiale che non lascia spazio a critiche. La nostra democrazia sta cambiando, trasformandosi in una post-democrazia, in cui il controllo della narrativa è in mano a pochi, e la stampa smette di esercitare la propria funzione di vigilanza.
La pericolosità della strumentalizzazione
L'antisemitismo è una piaga che va combattuta con fermezza, ma farlo attraverso la manipolazione politica dei dati è estremamente pericoloso. La creazione di un clima di paura e di emergenza che non corrisponde alla realtà non fa che indebolire la lotta contro l'odio, distogliendo l’attenzione dalle vere problematiche. Quando ogni critica a Israele o alla sua politica viene etichettata come antisemitismo, si rischia di banalizzare il fenomeno stesso, con il risultato che nessun atto di odio venga mai preso sul serio.
In conclusione, la lotta contro l'antisemitismo non può prescindere dalla verità. Non si può combattere l’odio con la manipolazione della realtà, perché alla fine ciò che resta è un’illusione che indebolisce il nostro sistema democratico. Quando ogni opinione dissonante viene ridotta a un crimine, non solo l’antisemitismo, ma anche la libertà di pensiero viene messa a rischio.
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