Faraoni, triunviri, caste e scalate
La storia dovrebbe insegnare a costruire il futuro su solide basi, ma l’uomo è sempre stato un animale strano. Per certi versi somiglia molto al salmone. Nuota controcorrente. Compie una fatica immane per raggiungere la meta. Supera ostacoli indescrivibili per andare sempre più in alto, dove, comodamente seduti, trova altri simili che lo condannano alla pena capitale. Ma loro, gli uomini politici e gli amministratori in genere, insistono caparbiamente fino all’autodistruzione.
Tutti noi che crediamo nella democrazia ci auguriamo che le egemonie faraoniche, i dispotismi, abbiano ancora vita breve, altrimenti la specie umana sarebbe in continuo pericolo di estinzione. E la nostra realtà terremotata rappresenta lo specchio del Paese e una grande palestra per le dinamiche di potere.
Nella fase di insediamento, il nostro “faraone” d’Italia non ha operato male, anzi, il necessario decisionismo commissariale ha fatto realizzare buone cose, ad iniziare dall’assistenza ai terremotati, alla prima sistemazione in strutture più adeguate delle tende, alla realizzazione del piano CASE. Finita l’emergenza, però, il “faraone” ha preferito mettere la testa sotto la sabbia, anziché affrontare con decisione, capacità gestionali ed economiche il problema più serio, urgente ma scomodo della ricostruzione. Prova ne è l’effervescente indicazione delle necessità finanziarie occorrenti per la ricostruzione tanto sbandierate in conferenze stampa e attraverso proclami diramati da tanti uomini di Governo. In un primo momento era stata ipotizzata la spesa occorrente in 21 miliardi di euro. Nell’ultimo intervento del “faraone” al Senato, alla presenza una manciata di senatori, è stata indicata una diversa necessità pari a 14 miliardi di euro, con una disponibilità di circa un terzo della somma indicata.
Qual è la verità? Nella prima o nella seconda ipotesi?
Una giustificazione c’è. L’emergenza è sempre più facile della ricostruzione, porta un ritorno di immagine immediato. Questo è uno dei motivi dell’abbandono del campo, lasciando tutto nelle mani di un Governatore che, se ancora oggi non riesce a capire come governare lo scomodo Abruzzo, figuriamoci come avrebbe potuto gestire razionalmente e con impegno la fase più delicata della ricostruzione. Tanto per dissipare ogni dubbio e polemica sul nascere, gli amministratori e tutti gli uomini che ricoprono pubblici incarichi dovrebbero prendere atto, una volta per tutte, che le critiche e le osservazioni che si effettuano, specialmente dagli organi dell’informazione, non vengono indirizzate alla persona, bensì alla figura istituzionale che rappresentano. Come pure, cerchiamo di abolire la ormai nota affermazione “non siete completamente informati della situazione”. Potrebbe essere anche vero, in qualche sparuto caso. Nella maggior parte dei casi, però, si verifica che proprio l’interessato, in precedenza, non ha fornito corrette informazioni, non si è espresso bene, ha fornito solo notizie di circostanza senza entrare nel merito o, caso ancora più grave, ha fornito notizie solamente ad una parte della stampa, più o meno asservita al potere. Nel momento in cui gli altri organi protestano, allora si grida all’ostracismo e alla persecuzione a mezzo stampa, scopiazzando, goffamente, gli atteggiamenti del nostro capo del Governo. Chiudiamo questa parentesi e torniamo a noi.
Torniamo al “faraone” ed ai “triunviri”. Il “faraone”, il comitato dei “saggi” e il Primo ministro avevano avuto da tempo la cognizione che le cose non potessero andare, così come avevano programmato. Tanto è vero che, nel giro di pochissimo tempo, si è reso necessario fare un passo indietro e far tornare indietro la Protezione Civile per riprendere il filo conduttore della ricostruzione, filo che il Commissario regionale non è stato mai in grado di prendere in mano seriamente.
Benissimo. Ben tornato “faraone”, finalmente qualcosa si potrà avviare hanno pensato un po' tutti. Nemmeno a pensarci. Organizzato il balletto per cercare di nascondere il fallimento delle scelte governative, scaricando le colpe sul Sindaco dell’Aquila, spunta dal capello un nuovo vice commissario calato dall'alto, tanto chiacchierato ma il cui nome gia' aleggiava nell'aria da tempo. Ma il comitato dei “saggi” non si è fermato ad indicare solo il nome del nuovo vice commissario, al quale sono state tagliate comunque le ali rispetto alla prima ipotesi plenipotenziaria. Lo stesso comitato ha annunciato con enfasi la costituzione di un validissimo gruppo di lavoro composto da professionisti di chiara fama nazionale ed internazionale.
Allora, di grazia, con la presenza di un “faraone”, di un Commissario regionale, di un vice commissario e di un elemento di riferimento e garanzia come Fontana, i “saggi” hanno avvertito la necessità di nominare un ulteriore vice commissario ed un favoloso gruppo di lavoro?
Ci sembra che qualcosa non quadri. Non vi pare? Per non parlare di quanto ci costeranno queste scelte in termini economici e di risorse sottratte alla ricostruzione.
Ma torniamo alla originaria nomina del Commissario, in palese conflittualità politico amministrativa: Chiodi o svolge le funzioni di Presidente della regione o quelle di Commissario. Non si può concedere a queste figure l’opportunità di passare da “Ponzio a Pilato”, per giustificare, come è avvenuto per la sanità, di dichiarare che "non avevamo capito niente", perché aveva parlato non come Presidente, ma come Commissario. È ridicola una situazione del genere. Non facciamo piu' ridere neppure i polli. Correggiamo queste conflittualità di funzioni, altrimenti ci cacceranno anche dall’Europa.
E, invece di correggere, cosa fanno i “saggi”? Presentano ufficialmente il “triunvirato” che affiancherà, non il Commissario, ma addirittura il “faraone”. I nominativi dei “triunviri”, guarda caso, si presterebbero ad una interpretazione satirica di questo genere: la ricostruzione del Capoluogo di Regione? Roba da “chiodi”! I finanziamenti necessari per l’esecuzione dei lavori? “Fontana secca”! La disponibilità dei contributi pubblici e privati, nazionali ed esteri? Piccoli “cicchetti”.
I tecnici esperti li dobbiamo ancora conoscere, ma vorremmo sapere quale ruolo potranno ricoprire, visto che tutti gli spazi sono sufficientemente coperti. Intanto, le “caste” cominciano a prepararsi per occupare tutti i posti “chiave” della vita cittadina e di ogni e qualsiasi attività produttiva. C’è un fermento sotterraneo che non consente alla terra di fermarsi. Trema sempre di più sotto gli intrecci sotterranei per l’accaparramento delle presidenze dell’Unione Industriali, del Nucleo Industriale, della Camera di Commercio, dell’Associazione dei Costruttori e, forse, anche di qualche confraternita.
E non parlo solo di “caste”, di ”Opus Dei" e “Massoneria”, ma di altri che ostentano sicurezza, prepotenza, egemonia per insediarsi sulla poltrona di comando dell’ANCE. Una vera e propria scalata nelle stanze dei bottoni della ricostruzione. A ben vedere l’applicazione dello Statuto e del Regolamento dell’ANCE sembra fatto a misura perfetta per quei soggetti che hanno un fatturato maggiore. Poniamo il caso che dieci delle imprese superdotate si mettono d’accordo per dividersi il grosso della fetta dei lavori, facendo eleggere il prescelto presidente con 30 voti. Le piccole e medie imprese, che rappresentano la maggior parte degli iscritti, saranno condannate a guardare il sole sotto lo sventagliamento delle gru dei colleghi più facoltosi. Ci vorrebbero ben 31 soggetti per capovolgere la situazione, visto che possono esprimere un solo voto. Ecco "piatto ricco? mi ci ficco" ed il gioco è fatto.
E la strada passa, ancora una volta, dalla magistratura. Non vogliamo colpevolizzare i magistrati, anzi, ce ne guardiamo bene, tenuto conto della grossa mole di lavoro che stanno svolgendo fin dalla prima notte di quel fatidico 6 aprile 2009. Hanno lavorato sodo tutti, dal Procuratore Capo fino all’ultimo PM di recente assegnazione. Hanno costruito fascicoli voluminosi. Hanno elaborato una strategia d’azione, capace di arrivare all’emissione degli avvisi di garanzia in tempi veramente stretti. Stanno dando una risposta ai cittadini ed ai familiari delle vittime del sisma. E bisogna dare atto a questi signori di aver lavorato in condizioni di lavoro veramente penalizzanti, con dedizione e senza dar luogo a lamentele per maggiore carico di lavoro, o per mancanza di personale. Ma abbiamo rilevato una "stranezza" nell'ultima inchiesta. Per i danni dell’Ospedale Civile “San Salvatore” sono stati recapitati avvisi di garanzia solamente ai tecnici (progettisti, direttori dei lavori, collaudatori), mentre, tra gli avvisi recapitati non figura neppure un costruttore, o un semplice subappaltatore, ai quali si potrebbe chiedere, con maggiore pignoleria, dove siano andati a finire i ferri delle staffe ed il cemento che non sono stati trovati nel corso delle indagini eseguite. Ma forse non e' finita qui e allora rimaniamo in attesa di ulteriori sviluppi.
Nel frattempo, un manipolo di “magistrati contabili” non si è fatto incantare dalle “sirene” del potere politico. Non si è lasciato neppure incantare dalla fantasiosa arringa dell’Avvocato dello Stato che, nel caso degli interventi della Protezione Civile nel sito archeologico di Pompei, aveva richiamato l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, per giustificare l’intervento della Protezione Civile e la validità e legalità degli atti emessi a seguito di tale intervento. Sono tutti atti illegittimi, ha ribadito per l’ennesima volta la Corte dei Conti. Come pure sono illegittimi, perché esulano dalle attribuzioni di legge, gli interventi della Protezione Civile in materia di mondanità, manifestazioni sportive, sfilate di gala, concerti, mostre d’arte e conferenze e così via dicendo.
Bene. Se così stanno le cose, la Protezione Civile avrebbe potuto operare nelle aree del cratere fino alla conclusione delle operazioni della emergenza vera e propria. Dopo di che sarebbe stato necessario osservare le norme di istituzione e funzionamento della Protezione Civile e quelle dettate per la ricostruzione. Le prime sono state già chiarite dalla Corte dei Conti. Le seconde devono sciogliere un nodo fondamentale. Se l’emergenza è finita, la gestione delle ricostruzione spetta, per competenza istituzionale, agli Enti Locali e, quindi, occorrerebbe revocare la nomina dei commissari del richiamato “triunvirato”.
Se l’emergenza non è ancora finta, a che cosa servono il “commissario” ed i “vice commissari”, quando sul campo regna ancora imperterrito il “faraone”?
di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore - IlCapoluogo.it]
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