L’Aquila e la democrazia zoppa

Comune

Una vera e propria spinta dalla base è quella che ha caratterizzato il dopo terremoto aquilano con la formazione di diversi comitati, organizzati da cittadine e cittadinii che, nelle settimane immediatamente successive al 6 aprile, hanno voluto seguire personalmente gli aspetti pregnanti della gestione dell’emergenza, prima, e della fase post emergenziale, dopo.

Ma il Popolo delle carriole e l’Assemblea cittadina non sono entità a sé stanti: rappresentano l’unione di idee e pensieri di più comitati e associazioni, di tanti singoli privati cittadine e cittadini che, spontaneamente, hanno deciso di volersi interessare alle sorti della città, in modo particolare sullo stato del centro storico che nessuno aveva più visto dal 5 aprile 2009, in quanto inaccessibile a tutti, perché diventato ‘Zona Rossa’. Aggregazioni spontanee che a volte hanno lasciato intravedere una matrice culturale orientata verso alcune forze politiche istituzionali, altre volte hanno dimostrato essere avulse da ideologie di riferimento.

Da metà febbraio 2010 l’impulso alla partecipazione cittadina è stato dato dal Popolo delle carriole, qualche centinaio di persone divenute, nelle settimane successive, oltre seimila, tra cittadine e cittadini, che al grido di “riprendiamoci la città”, lanciarono lo slogan cittadino rimbalzato sulle tribune nazionali. L’Assemblea cittadina, fu la conseguenza di quella “unione di cervelli” che decisero di attuare una sorta di presidio cittadino sulle tematiche della ricostruzione, rendendosi promotori delle manifestazioni del 16 giugno e del 20 novembre 2010 a L’Aquila e di quella del 7 luglio 2010 a Roma, oltre che dell’elaborazione della proposta di legge di iniziativa popolare, il cui testo è in discussione alla Camera dei deputati.

Tra gli organizzatori e i promotori dell’Assemblea cittadina, troviamo il comitato 3e32, formatosi pochi giorni dopo il terremoto, che ha iniziato da subito a segnalare i molti aspetti che lasciavano ‘perplessi’ nella gestione dell’emergenza. I componenti si sono resi protagonisti dall’inizio di numerose iniziative di informazione, agli sfollati e contemporaneamente al resto del Paese (attraverso l’uso degli strumenti che la rete internet metteva a disposizione). «La scritta “Yes we camp” sulla collina di Roio durante il G8» si legge nel sito istituzionale, «la rivolta delle carriole, e le grandi manifestazioni a L’Aquila e a Roma sono solo alcune delle attività a cui abbiamo lavorato da protagonisti per ottenere il 100% di ricostruzione, di informazione e partecipazione». Collocato fisicamente presso il parco di Via Strinella, il “3e32” si trova tutt’ora presso lo spazio autogestito di CaseMatte situato nel complesso dell’ex manicomio psichiatrico di ColleMaggio. Tra le ultime iniziative, il supporto all’inchiesta “L’Aquila in fondo: cronaca di una speculazione annunciata”, sulla presenza dei fondi immobiliari in città nella fase della ricostruzione; “Quali assicurazioni per l’ospedale di L’Aquila?” e l’ultima “L’Aquila 2009-2011: odissea macerie”.

Altro comitato molto attivo in città e presente nell’Assemblea Cittadina è l’“Associazione cittadini x cittadini” che ha sede in via S. Sisto e che «persegue finalità di solidarietà sociale, civile e culturale, con l’obiettivo di informare i cittadini» del cratere sismico sulla ricostruzione e riqualificazione «partecipata, secondo i criteri della massima trasparenza». Tra le iniziative più note, l’allestimento dell’albero di natale in centro storico, ed il supporto alla recente operazione di ripulitura della scalinata di San Bernardino.

Tra gli altri comitati cittadini il “Comitatus Aquilanus” costituito nell’aprile 2009, è noto per le sue indicazioni di natura “tecnica” sull’emergenza e sulle relative scelte di urbanistica. Il suo lavoro principale può essere considerato “L’Aquila. Non si uccide così anche una città?”, oggetto di un recente convegno pubblico.

Altra aggregazione di natura tecnica è il “Collettivo99” composto da giovani tecnici come «semplice accezione di comunità ed aggregazione capace di condividere degli ideali comuni – in questo caso un’idea di città per L’Aquila del post-terremoto, la Nostra Idea di Città-Territorio».

Altre associazioni sono  “L’Aquila: un centro storico da salvare”, con sede presso L’Accademia delle Belle Arti, che ha lo scopo «di promuovere la conservazione e la ricostruzione del patrimonio architettonico, culturale ed immobiliare del Centro Storico di L’Aquila danneggiato a seguito dell’evento sismico del 6 aprile 2009 e successivi» e  “Epicentro solidale”, anch’esso presente in città dalle prime settimane del dopo sisma e impegnato nelle diverse iniziative svoltesi.

Tra le ultime nate, nell’ottobre 2010, troviamo l’“Associazione Culturale Policentrica”che «propone e promuove iniziative e progetti che concorrono a delineare l’immagine della nuova città-territorio» come si legge nel “documento fondativo”. Secondo i membri dell’associazione c’è la necessità che «l’organizzazione del territorio debba fondarsi su un modello policentrico in cui il centro storico è riferimento per una pluralità di poli di attrazione interconnessi da corridoi di collegamento e di flusso. Ciascun polo mantiene specifiche identità e vocazioni e concorre alla definizione della identità collettiva. Indichiamo il paesaggio fluviale dell’Aterno quale elemento unificante, capace di interconnettere e rendere dialoganti a tutti i livelli le realtà territoriali».

Ultimo fenomeno aggregativo l’“Asilo occupato” di via Duca degli Abruzzi che, nonostante le diverse voci discordanti, è diventato anch’esso sede di iniziative culturali, aperte al dibattito pubblico cittadino. Tra le iniziative più rilevanti quella del “CineMario”, rassegna cinematografica dedicata a Mario Monicelli, e l’incontro pubblico di informazione sul nucleare.

Di sicuro c’è molto fermento tra i cittadini, cosiddetti attivi, e altri comitati o associazioni che sono tutt’ora in nuce, emergeranno chiaramente nei prossimi mesi con le loro battaglie. D’altronde si avvicinano le elezioni e anche le primarie, non solo del centrosinistra.

Tutto questo attivismo non può che essere considerato positivo perché denota la capacità di aggregazione spontanea dei cittadini ma, al tempo stesso, fa riflettere il fatto che tutti rivendichino il fatto di non riconoscersi in alcun gruppo politico. Se la politica cittadina fosse stata lungimirante, dopo il 6 di aprile avrebbe dovuto pensare di istituire un Consiglio comunale permanente, una specie di “unità di crisi” per fronteggiare una situazione straordinaria come quella che stiamo vivendo.

Oggi, in compenso, ci troviamo di fronte ad un paradosso, una democrazia “zoppa” e sospesa: se la città è attualmente governata da consiglieri che ora non rappresentano la maggioranza della cittadinanza, non ci troviamo allora di fronte ad un sovvertimento delle regole democratiche? Ma la legge stabilisce la durata della legislatura e quindi non ci sono scappatoie fino alle prossime elezioni.

La questione, semmai potrebbe essere di tipo “etico”, ma questa è un’altra storia.

di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore – IlCapoluogo.it]

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