#LaRepubblica dei Pop-Corn

la repubblica Camera dei Deputati

Credete di più alle coincidenze o alle conseguenze? Comunque la si pensi, è certo curiosa l’inserzione di autopromozione che appare in questi giorni sul sito de “La Repubblica” dove, mentre si invitano i lettori ad abbonarsi, si vede una copia digitale del giornale con accanto un bel cesto di pop corn. Immagine curiosa ma non sorprendente: “La Repubblica” con le sue firma di punta è dal 2007 che scommette inutilmente sul fallimento di Grillo e di quello che sarebbe diventato il Movimento 5 Stelle. Scalfari, Giannini, Merlo, Serra, Mauro e oggi Calabresi non hanno mai avuto dubbi: il M5S è il male assoluto, una iattura per l’intero Paese e i suoi elettori non sono altro che cittadini usciti di senno. Proprio ai giornalisti de “La Repubblica” si deve per primi l’utilizzo della definizione “populisti” da brandire come ignobile stigma contro questi nuovi barbari della politica.

Come il loro ultimo uomo della salvezza, il baldanzoso Matteo Renzi, non è difficile immaginarli oggi a mangiare pop-corn in redazione mentre si divertono a misurare ogni parola, a contare ogni virgola e a trasformare in notizia di vitale importanza nazionale ogni gaffe, presunta o reale, del neo Governo giallo verde. Forse sono convinti che anche i loro elettori, per altro in costante e drammatico calo, si stiano divertendo  mentre mangiano pop corn seduti nei loro “salotti buoni” ai Parioli o nei circoli nautici della Sardegna e tifano o meglio “gufano”, per citare lo statista Renzi, contro il nuovo che avanza.
Poi succede che, dopo aver bersagliato per giorni il non ancora ministro per la Famiglia leghista Lorenzo Fontana per una dichiarazione infelice sui diritti delle famiglie gay, secondo  “La Repubblica” prova provata dei grandi rischi che corriamo sui i diritti civili faticosamente conquistati fino ad oggi, il renziano sindaco di Firenze Nardella si opponga al GayPride nella sua città senza che nessuno dei parlamentari del PD indossi magliette di solidarietà e lanci allarmi contro i fascisti e gli omofobi dell’Arno. Qualche imbarazzo tra gli intellettuali e grandi firme de “La Repubblica”? Macché! Lo scandalo oggi è che Conte nel suo discorso alla Camera ha chiamato “congiunto” e non con il nome proprio il fratello del Presidente della Repubblica Mattarella. “Dove andremo a finire, signora mia!”
Certo, l’inopportuna e intempestiva scelta del sindaco Nardella, votata anche dai consiglieri comunali di FI, e le parole del Leghista Fontana, sono bazzecole rispetto alle posizioni e le parole dell’ex parlamentare del PD Paola Binetti che nel 2007 teneva in ostaggio il Governo Prodi con posizioni del tipo: «Non voterò nessuna normativa giuridica a tutela delle coppie gay». Oppure quando la stessa Binetti spiegava che “tendenze gay fortemente radicate possono portare alla pedofilia”, oppure quando sfiduciava il Governo Prodi dissentendo “sul tipo di formulazione delle norme che vietano le discriminazioni relative al genere e alla omosessualità”. Insomma, la Binetti del PD è stato il tipico ostacolo all’approvazione di quei diritti civili che l’Italia aspettava da 30 anni. Ma allora, per “La Repubblica”, la dieta non si limitava evidentemente solo ai pop-corn e nella loro redazione erano ancora convinti di poter far digerire di tutto ai suoi elettori. E forse proprio per questo sono riusciti a decimarli, passando dalle 580.966 copie vendute nel  2007 alle 175.237 del 2017. E quindi risorge spontanea la domanda: credete di più alle coincidenze o alle conseguenze?
di Maria Cattini, Laquilablog.it
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