Lo specchio della società

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Voglio augurarmi che la nomina del nuovo vice commissario “plenipotenziario” non sia stata festeggiata, come la notte romana del 6 aprile 2009, con risate alle 3 e 32, fuochi pirotecnici e brindisi di pregiato spumante. Mi sorge, in proposito, qualche dubbio sulla scorta delle dichiarazioni rilasciate dall’interessato e dagli sponsor che l’hanno sostenuto. Staremo a vedere.

In merito a questa inutile nomina si sono sollevate proteste da più parti della cittadinanza aquilana, prima e immediatamente dopo l’ufficializzazione dell’incarico. Nomina che, a mio modesto avviso, presenta già delle contraddittorietà proprio nell’esposizione dei compiti da svolgere. Infatti, leggendo con attenzione l’ordinanza divulgata l’altro ieri, la posizione del neo “vice” è stata notevolmente ridimensionata. Forse a qualcuno è sorto il dubbio che l’incaricato non potesse assolvere a tutti i compiti ipotizzati inizialmente. Il dubbio, però, ha frenato la penna dell’estensore, o degli estensori, dell’ultima ordinanza. Forse la puntualità delle osservazioni mosse dai cittadini sulle precedenti esperienze di gestione della famigerata “Perdonanza”, le cui pendenze finanziarie gravano pesantemente sui debiti fuori bilancio del Comune, hanno imposto un momento di riflessione.

Lo stesso Comitato dei “saggi”, che ha suggerito la nomina ed il sostegno della stessa, ha capito che la stoffa per gestire una “affare” del genere della ricostruzione non è stata rilevata nella scelta effettuata e, pur di non ammettere l’errore, ha preferito ridimensionare ruoli e funzioni, ipotizzando addirittura l’istituzione di una “task force” di sostegno e supporto non solo al neo “vice”, baciato dalla dea bendata, ma anche al Commissario ed al vice Commissario, consolidati titolari della materia.

Non so come la vediate voi questa sceneggiata. La mia chiave di lettura evidenzia una paura folle ed una manifestazione di palese debolezza dei “saggi” che, non volendo licenziare Commissario e vice per manifesta inettitudine, hanno indebolito la figura del “salvatore”, avendone verificato le reali attitudini, creando una struttura di supporto che, in silenzio e con abnegazione, dovrebbe operare alacremente per consentire una apparente capacità di sopravvivenza di un “triunvirato” i cui costi, alla fine dei conti, saranno certamente superiori a quelli della poca ricostruzione che riusciranno a mettere in piedi.

Lo specchio della società? Ma non è questa l’unica chiave di lettura. I “saggi”, le cui mire nella ricostruzione puntano a raggiungere ben altri traguardi, hanno deciso di non tenere tra i piedi le intelligenze locali, perché, forse, non avrebbero consentito di mettere in pratica strategie diverse dalla ricostruzione vera e propria. Allora, hanno scelto qualcuno di provata e consolidata fiducia, ubbidiente ed estremamente ligio alle superiori inderogabili disposizioni.

Questa, signori miei, è la classe politica che ci rappresenta. Quella classe politica che, nelle varie campagne elettorali, grida ai quattro venti di mettersi a disposizione dei cittadini, se non addirittura al servizio. Ma, una volta eletta, guai a rivolgersi ad essa senza passare attraverso le maglie ed i filtri degli accoliti, dei porta acqua, dei fannulloni che vivono alla spalle degli elettori e che sono chiamati, con molta disinvoltura, a recitare anche norme di comportamento e di moralità per essere ammessi alla corte dei “celesti”, dei “saggi”, dei “comitati”, nei cui anditi non si respira aria di corretta amministrazione, di legalità, di fedeltà allo Stato, ma solo profumo di affari e di interesse esclusivamente personali.

Proprio questa classe politica, di ogni ordine e grado, mi dispiace dirlo, rappresenta lo specchio della nostra società. Noi li abbiamo scelti, li abbiamo eletti, li abbiamo sostenuti e, ob torto collo, ce li dobbiamo tenere, a meno che non decidiamo di avviare un vero e proprio processo di revisionismo politico, una vera e propria rivoluzione culturale per dimostrare a questa gente che il potere, ammesso che esista, è nostro e non di chi occupa oziosamente le poltrone del Parlamento, della Regione, della Provincia e del Comune. I cittadini, alla luce di queste esperienze, potrebbero anche decidere di disertare le urne e, allora, vorrei proprio sapere da chi si faranno eleggere.

Adesso, forse, sarà più comprensibile il concetto espresso in apertura: “Perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”. Guardate le varie liste elettorali. Vengono riempite da tanti portatori d’acqua (voti), ma gli eletti saranno sempre gli stessi in maniera che non si alterino gli equilibri. Comunque li possiate vedere colorati, sono sempre gli stessi, anche perché la legge che si sono fatti a misura consente loro di trasmigrare da un partito all’altro senza correre pericoli di ogni genere. Gli appannaggi sono sacri e, perciò, devono essere garantiti.

Alla luce di quanto sta accadendo sotto gli occhi di tutti, deliberatamente non voglio trarre conclusioni e considerazioni personali. Gradirei, però, conoscere il pensiero dei cittadini, dei contribuenti, di quegli aquilani che sono stati colpiti negli affetti più intimi, di quelle persone danneggiate fisicamente ed economicamente, degli anziani, dei giovani senza futuro.

Vorrei che tiraste fuori quel senso critico che tenete nascosto solamente per l’educazione e la dignità personale di cui siete dotati, affinché questi signori sentano sul collo l’affannoso respiro di chi ha le tasche piene di tante angherie, soprusi e pestaggi morali di ogni genere.

Le intelligenze aquilane hanno l’obbligo ed il dovere di insorgere, di protestare e di contestare azioni e scelte di cattivo gusto che si pongono in atto quotidianamente fino a quando non avranno ridotto questa città e la comunità locale in cenere. Una cenere dalla quale la famosa “araba fenice” non riuscirà a risorgere per volare nuovamente in alto, proprio come il capoluogo di regione: L’Aquila e gli aquilani.

di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore – IlCapoluogo.it]

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