Quando è stato scattato il primo selfie?

primo selfie

Il selfie non è una moda nata con gli smartphone, anche se l’era digitale ne ha decretato il trionfo planetario. Britney Spears, in un tweet del 2006, rivendicò scherzosamente il primato del primo selfie pop. Ma scavando nella memoria visiva del Novecento, ci accorgiamo che la mania di puntarsi l’obiettivo addosso è molto più antica.

Hollywood ha contribuito a diffondere il gesto, trasformandolo in un rito di celebrità. Nel 1991 Geena Davis e Susan Sarandon immortalavano la loro amicizia in Thelma & Louise. Qualche anno prima, nel 1984, Madonna si autoriprese sul set di Cercasi Susan disperatamente. Ancora prima, nel cuore delle notti dello Studio 54, Maripol, Bianca Jagger ed Edwige Belmore giocavano con la Polaroid, mentre Andy Warhol trasformava la sua macchina istantanea in un compagno inseparabile.

Negli anni ’60 perfino Marilyn Monroe e George Harrison lasciarono tracce di autoritratti improvvisati. Ma il viaggio all’indietro ci porta ben oltre la cultura pop.

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Il primo selfie ufficiale

Dicembre 1920, New York. Sul tetto del Marceau Studio, a pochi passi dalla Fifth Avenue, cinque fotografi si stringono attorno a una macchina fotografica enorme e pesante. Troppo ingombrante per essere tenuta da una sola mano, così Joseph Byron e Ben Falk la sorreggono insieme, mentre Pirie MacDonald, Colonel Marceau e Pop Core completano la scena.

Quella foto è considerata da molti storici dell’immagine come il primo selfie collettivo mai realizzato. Un gesto ironico, giocoso, ma allo stesso tempo consapevole. Un modo per fissare la loro presenza e condividere un momento, ben prima dei social.

La Byron Company, lo studio a cui appartenevano, aveva già una lunga storia. Fondata nel 1892, sarebbe stata descritta dal New York Times come uno dei più importanti centri fotografici della città. Oggi quelle immagini vivono nella collezione digitale del Museo della Città di New York, testimoni di un’epoca in cui la fotografia era insieme tecnica e spettacolo.

Eppure c’è chi va ancora più indietro. Nel 1839, a Philadelphia, Robert Cornelius – chimico appassionato di dagherrotipi – si piazzò davanti al suo obiettivo dopo aver tolto il coprilente. Rimase immobile per un minuto, poi richiuse. Il risultato fu un ritratto diretto, quasi ipnotico.

Quella immagine viene spesso citata come il primo vero autoritratto fotografico. Mancava però un dettaglio che oggi definisce il selfie: Cornelius non teneva la fotocamera in mano, non si “autorappresentava” nello scatto come fanno i fotografi newyorkesi del 1920. La sua foto, più vicina all’autoritratto pittorico, resta comunque la scintilla iniziale.

Robert Cornelius
Robert Cornelius

Selfie o autoritratto? Questione di intenzione

Cosa distingue un autoritratto da un selfie? Non solo la posizione della macchina, ma anche lo spirito. Cornelius cercava di sperimentare, i cinque fotografi newyorkesi giocavano con la possibilità di mostrarsi insieme in un’istantanea destinata a circolare.

Il selfie è anche questo: una dichiarazione di presenza, un modo per dire “ci sono anch’io”. Una traccia sociale, collettiva o intima, che attraversa epoche diverse.

Dal dagherrotipo di Cornelius alle notti folli dello Studio 54, fino al boom degli smartphone, il selfie ha seguito un filo sottile: la voglia di fermare un istante e offrirlo agli altri. Oggi ci sembra banale, ma ogni scatto porta con sé la stessa urgenza che spinse un giovane chimico dell’Ottocento e cinque baffuti fotografi newyorkesi a mettersi davanti all’obiettivo.

Forse la domanda non è più “quando è nato il primo selfie?”, ma piuttosto: perché continuiamo a scattarli senza sosta?

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