Scenari: La demolizione dell'Aquila

Ci stavamo preparando ad accogliere la primavera che tardava ad arrivare. La terra aveva tremato, anche abbastanza forte, da più di quattro mesi. La Commissione Grandi Rischi aveva sbagliato pronostico ed aveva indotto la pubblica opinione a puntare decisamente sulla tranquillità. È bastata una manciata di secondi per distruggere e ridurre in polvere una delle più belle città d’Italia, anche se molti aquilani non lo sanno. Se dovessi fare un parallelo sugli eventi sismici precedenti, azzarderei l’unico accostamento possibile al terremoto di Messina del secolo scorso, non tanto per il numero delle vittime, quanto per i danni apportati al tessuto urbanistico. La natura, stanca dei nostri soprusi urbanistici, delle aggressioni e delle ferite inguaribili apportate all’ambiente, dell’incuria nella corretta manutenzione e cura dei corsi d’acqua e del patrimonio boschivo, ci ha voluto stringere in un abbraccio mortale che, in pochi secondi, ha distrutto secoli di storia, di cultura, di tradizioni, di usi e costumi. Una sola cosa non è riuscito a distruggere: quelle mezze figure, dotate di scarsa caratura etica e politica che, malgrado l’aggressione sismica, sono riuscite a galleggiare anche tra le “macerie”. Anzi, mentre la terra tremava ancora, già avevano attivato le “carbonare” organizzazioni per lucrare sulla pelle dei deceduti, sul sangue dei feriti, sulle disgrazie dei danneggiati. Nessuno di questi è stato lambito da una pietra, da una tavola, da una piuma d’uccello. Se fosse avvenuto il contrario, lo avremmo saputo subito, perché sarebbero apparsi in televisione con gli abiti strappati, con il sangue in faccia. Comunque, questo è e questo dobbiamo tenerci, perché l’attuale classe politica l’abbiamo voluta e sostenuta negli anni.
Avrei fatto volentieri a meno di intervenire su questo argomento, ma, alla luce dei quotidiani avvenimenti che passano inosservati alla soporosa disattenzione dell’opinione pubblica, reputo necessario che gli aquilani, una volta tanto, aprano bene gli occhi ed assumano la necessaria posizione, allo scopo di evitare che questa gloriosa città venga definitivamente cancellata dalla carta geopolitica del Paese.
Sono stati nominati da più parti “garanti”, “esperti”, “commissari”, “vice commissari”, “coordinatori” di tavoli di lavoro, responsabili della “trasparenza”, sia a livello centrale che regionale e periferico. Il piatto, però, piange. Le idee progettuali scarseggiano, la capacità di andare avanti nella ricostruzione scarseggia palesemente. È proprio il caso di dire che “gli asini litigano ed i barili si sfasciano”. È proprio quello che sta avvenendo in questi ultimi mesi.
Personalmente ho provato a fare un’analisi della situazione e, credetemi, sono sconcertata dai risultati conseguiti. Deludenti e deprecabili. Provate anche voi a porvi dei quesiti ed a cercare le relative risposte. Vi posso aiutare cominciando con il problema più importante, posto alla base di una inderogabile esigenza della comunità ferita dal sisma: l’assistenza sanitaria. Un ospedale dichiarato in un primo tempo distrutto, poi agibile all’80%, successivamente inagibile totalmente, sequestrato e dissequestrato dalla magistratura. Per questa vitale struttura, fortunatamente, esisteva una polizza assicurativa contro i rischi del terremoto. L’assicurazione ha liquidato un danno accertato di 49 milioni di euro. Dove sono andati a finire? Perché i lavori vanno così a rilento? Provo a dirvelo in poche parole. Il nosocomio aquilano, invidiato da tutta la sanità nazionale, non deve funzionare, forse per affittare strutture private alle quali elargire lauti fitti, oppure per creare una serie di inconvenienti, opportunamente studiati per trasferire servizi ed attrezzature in altre sedi in maniera da far risultare irrazionale, carente ed inadeguata la struttura aquilana per declassarla, mettendola sullo stesso piano di una comune RSA. Senza parlare del personale medico che è “costretto” a fare altre scelte professionali da una politica sanitaria che non salvaguardia ormai più né i diritti dei pazienti né quello dei lavoratori. Questo aspetto nessuno lo nota ed i nostri “governanti” si guardano bene dal far rispettare i consolidati diritti territoriali del capoluogo di regione. Né, tanto meno, si preoccupano di informare adeguatamente la pubblica opinione. Così, i “falchi” extra cratere e regionali hanno piena libertà e campo libero di danneggiare ulteriormente la città ferita, umiliandola con rapaci aggressioni, sapendo che nessuno correrà in aiuto della città agonizzante.
L’invenzione del “centro unico di prenotazione” a cosa serve? Razionalmente a nulla, come potete verificare di persona. Praticamente, invece, costituisce un vero e proprio infernale meccanismo per smistare i pazienti negli altri ospedali operanti sul territorio provinciale, al solo scopo di condizionare, statisticamente, l’efficienza della struttura ospedaliera locale. Si è accorto qualcuno di questa operazione? L’argomento è stato portato in discussione nei vari consigli comunali e provinciale? Non mi risulta.
I famosi commissari e vice commissari, regionale e locale, hanno offerto contributi utili e tangibili alla reale ricostruzione del tessuto urbanistico e sociale dell’Aquila? No. Anzi, stando in posizioni antitetiche politicamente, hanno pensato solamente a tramare imboscate per far apparire inefficienti gli interventi dell’antagonista. Intanto, i cittadini aspettano che arrivi la “manna”.
Dopo sedici mesi di completa abulia, alcuni politici locali, hanno raccolto, con ingiustificabile ritardo, i suggerimenti per la presentazione di un progetto di legge d’iniziativa popolare, finalizzato alla ricostruzione della città e dei comuni del cratere. Non dimenticate che anche questi sono stati terremotati. Qualcuno ha capito che non si può più andare avanti con le ordinanze, i regolamenti, le interpretazioni autentiche di disposizioni inapplicabili, anche perché sulla vicenda è intervenuta pesantemente la Procura Generale della Corte dei Conti, annullando molte delle predette ordinanze per altri territori. Speriamo che la stessa sorte non venga riservata anche ai provvedimenti locali che ci riguardano da vicino. Auguriamoci, anche, che non sia trascorso troppo tempo per la presentazione del richiamato disegno di legge che, a mio avviso, avrebbe dovuto essere redatto e sostenuto da tutte le componenti politiche presenti in Parlamento. Staremo a vedere gli sviluppi.
I “garanti” e “coordinatori” della ricostruzione cosa fanno? Quasi nulla. Ogni tanto organizzano stancamente qualche conferenza, senza dare alla stessa troppo risalto, in maniera da evitare la presenza di eventuali uditori, annunciando tesi per la ricostruzione del centro storico che fanno venire i brividi. Qualcuno ha ipotizzato, addirittura, la tesi che i fabbricati sottoposti a vincolo possono essere ricostruiti senza alcun problema. Per gli altri, pur presentando evidenti requisiti storici ed artistici, sarà necessario effettuare una valutazione “costo beneficio” per verificare se possano esistere i presupposti della ricostruzione. È un problema serio e pericoloso nello stesso tempo, perché apre le porte, apparentemente in forma legale, alla speculazione edilizia in centro storico, specialmente in questo periodo, in quanto stanno crollando i costi degli immobili urbani. Si potrebbe ipotizzare, perciò, che la maggior parte dei fabbricati artistici non vincolati possano essere oggetto di valutazioni negative ai fini del recupero. Potrebbero essere demoliti senza alcun ostacolo e ricostruiti da eventuali speculatori, godendo, oltretutto, del premio di cubatura. I nostri rappresentanti, garanti e coordinatori che cosa fanno? Nulla.
Nel frattempo il tempo passa e lavora a tutto favore di chi vuole la distruzione totale del capoluogo di regione, privandolo di tutte le strutture ed i servizi essenziali, senza incontrare la minima resistenza delle Istituzioni e Comitati di Salvaguardia. Così le “colombe” svolazzano incapaci di prevedere la sorte che sta abbattendosi sulla gloriosa città di Federico, mentre i “corvi” nidificano sui resti dell’insediamento urbano in totale disfacimento.
di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore - IlCapoluogo.it]
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