Soluzioni che nessuno misura

Abbiamo un problema con le soluzioni. Non con i problemi, quelli li vediamo benissimo. Ma con le soluzioni sì, perché in Italia siamo bravissimi a proporne di ogni tipo, appassionatissimi nel difenderle, e completamente disinteressati a verificare se funzionano davvero.
Prendiamo la questione del salario minimo. Da anni il dibattito si arena sullo stesso punto: serve o non serve? I sostenitori elencano i Paesi dove esiste, gli oppositori citano i rischi per l'occupazione. Ma quanti si preoccupano di studiare cosa è successo davvero in quei Paesi dopo l'introduzione? Quali erano le condizioni specifiche? Cosa possiamo replicare e cosa no? Silenzio.
Oppure guardiamo alla transizione ecologica. Ogni settimana un nuovo piano, una nuova proposta, una nuova roadmap. Incentivi, divieti, target ambiziosi. Benissimo. Ma poi nessuno torna indietro a misurare: quella misura ha funzionato? Ha prodotto i risultati attesi? O forse ha avuto effetti collaterali imprevisti che andrebbero corretti?
La verità è che siamo diventati una società che dibatte, non una società che verifica. E questo non è un problema ideologico, è un problema culturale. Attraversa destra e sinistra, progressisti e conservatori, economisti ed ecologisti.
Il meccanismo è sempre lo stesso: si identifica un problema, si propone una soluzione basata su convinzioni o ideologie, la si difende con passione. E poi? Poi nulla. Si passa al prossimo problema, alla prossima soluzione. L'idea che si dovrebbe tornare indietro, guardare i dati, confrontare i risultati con le aspettative, aggiustare il tiro, sembra aliena al nostro modo di ragionare.
Forse è perché siamo un Paese di filosofi più che di ingegneri. Ci piace la teoria, l'eleganza dell'argomentazione, la coerenza logica. Ci piace meno sporcarci le mani con i numeri, con le valutazioni ex post, con l'ammissione che magari ci eravamo sbagliati. In un dibattito pubblico che premia chi urla più forte e punisce chi cambia idea, ammettere di aver sbagliato diventa un rischio che nessuno vuole correre.
Ma il risultato è che continuiamo a girare a vuoto. Proponiamo sempre nuove soluzioni senza mai chiederci se quelle vecchie abbiano funzionato. Ci dividiamo in tifoserie che difendono ricette che nessuno ha mai davvero testato. E intanto i problemi restano lì, intatti.
Non serve più scientismo in politica. Serve semplicemente un po' di metodo scientifico: prova, misura, correggi, riprova. Non è complicato. È solo che richiede umiltà, e l'umiltà in Italia passa di moda da almeno trent'anni.
Finché non cambiamo questo approccio, continueremo a dibattere all'infinito su tutto, senza mai risolvere niente. Continueremo a essere un Paese ricco di proposte e povero di risultati. E continueremo a chiederci, ogni volta, perché non riusciamo ad andare avanti.
La risposta è semplice: perché non ci fermiamo mai a guardare indietro.




