Gatti neri e specchi rotti

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Perché credere alle superstizioni ci fa sentire vivi

Credere all’incredibile: un rituale quotidiano

Chi non ha mai toccato ferro, evitato di passare sotto una scala, fatto le corna dietro la schiena in un momento di tensione? Nessuno è immune alla forza misteriosa delle superstizioni, e il libro Gatti neri e specchi rotti di Elisabetta Moro e Marino Niola ci accompagna in questo viaggio tra credenze e gesti scaramantici con uno stile acuto, leggero e profondamente umano.

Lo confesso: ho letto questo piccolo saggio — 128 pagine che scorrono come un incantesimo — con lo stesso trasporto con cui da bambina ascoltavo mia nonna raccontarmi delle “malelingue”, della camicia rovesciata che porta guai, del malocchio che si nasconde negli sguardi storti e nelle parole bisbigliate. E mi sono sorpresa a sorridere, a riconoscermi, a sentirmi protetta. Come se quelle credenze, pur assurde, fossero un balsamo segreto per la nostra paura dell’incontrollabile.

Trama e Ambientazione

Il libro non ha una trama nel senso tradizionale, ma una struttura tematica. Moro e Niola, antropologi esperti e scrittori dalla penna brillante, costruiscono un mosaico affascinante attorno a domande quotidiane: perché il corno scaccia il malocchio? Da dove viene la sfortuna del gatto nero? Perché certe opere teatrali sono considerate maledette? Con piglio ironico ma preciso, attraversano secoli, culture e paesi per restituirci l’inquietante bellezza delle nostre piccole follie rituali.

Tra Shakespeare e Verdi, dal dramma scozzese ai palcoscenici russi, passando per scampoli di fisica quantistica (sì, persino quella), tutto diventa pretesto per esplorare come l’uomo tenti — disperatamente ma poeticamente — di darsi una spiegazione, di addomesticare il caos.

Dialoghi e Temi

Non ci sono dialoghi in senso stretto, ma il libro è tutto un dialogo col lettore. Lo interpella, lo provoca, lo consola. I temi sono affascinanti: il bisogno di controllo, la paura dell’ignoto, il potere del simbolo, la resilienza attraverso il rito. Ma anche l’identità collettiva che si costruisce tramite piccoli gesti codificati, come gettare sale dietro le spalle o legare un nastrino rosso a un passeggino. Sono superstizioni? Sì. Ma sono anche atti d’amore, preghiere travestite da tic culturali.

Emozioni Suscitate

Leggere Gatti neri e specchi rotti è come entrare in una stanza buia e trovarla piena di candele accese. Non illumina con la luce della verità, ma con quella del riconoscimento. Si ride, spesso. Ma si riflette ancora di più. Ti sorprendi a pensare che forse quella collanina portafortuna che indossi da anni non è poi così stupida. O che certe “stranezze” familiari — come battere il pugno sul tavolo dopo aver fatto un’affermazione audace — sono parte del tuo DNA culturale.

Il libro non ti dice mai: “smetti di credere”. Al contrario: ti invita a farlo meglio. Con consapevolezza. Come quando da adulti si torna a credere nei desideri espressi davanti a una candelina spenta. Non è verità, ma è bellezza.

Dettagli Memorabili

Uno dei momenti che più mi ha colpita? Quando si parla del gesto delle corna: quella che per noi è una scaramanzia diffusa, altrove può essere un insulto grave o un simbolo positivo. È tutto relativo. Un altro dettaglio potente: la connessione tra superstizione e principio di indeterminazione della fisica quantistica. Geniale. Come se Heisenberg e mia zia si fossero dati appuntamento al bar per parlare di sfiga e probabilità.

E poi, naturalmente, il fatto che queste credenze resistano al tempo, all’era digitale, ai tutorial sulla mindfulness. Forse perché sono più antiche del linguaggio e più potenti di un algoritmo.

Questo libro è una carezza che sa di sale grosso e ferro battuto, di racconti al tramonto e di risate a denti stretti. Elisabetta Moro e Marino Niola non smontano il mistero delle superstizioni: lo celebrano. Ci ricordano che l’irrazionale ha un suo posto d’onore nel teatro della vita.

Non c'è bisogno di crederci per forza. Ma credere in qualcosa — anche solo nel fatto che mettere la giacca al contrario porta male — ci fa sentire meno soli. E forse, in fondo, più umani.

Vuoi un consiglio?

Leggilo. Regalalo. Portalo in borsa come un talismano di carta.
E ogni volta che ti accorgi di aver evitato una scala, sorridi.
È la tua parte antica che ti protegge.

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