Comune L’Aquila: la sentenza della vergogna, mobbing a Paola Giuliani

di Maria Cattini – Il Sindaco, Massimo Cialente, in rappresentanza pro-tempore del Comune dell’Aquila, è stato condannato a pagare 10mila euro per mobbing alla dirigente Paola Giuliani. Si aspettavano le motivazioni della sentenza per il ricorso, presentato il 4 maggio 2012 dalla dirigente contro il Comune dell’Aquila, per mobbing e demansionamento. Le motivazioni del Giudice del lavoro, Anna Maria Tracanna, portano la data del 5 febbraio scorso: il Tribunale ha disposto un risarcimento del danno di 10 mila euro riconoscendo, fatto gravissimo, il reato di mobbing contro una dirigente.

Paola Giuliani, difesa dall’avvocato Rodolfo Ludovici, da dirigente del servizio Avvocatura e Contratti, è stata dirigente della Sge (Struttura di Gestione dell’emergenza), per poi essere spostata alla segreteria generale e oggi all’Ambiente, alle Partecipate e al Turismo.

La sentenza non lscia alibi e sottolinea come con «la progressiva dismissione da tutti i precedenti incarichi apicali si sia verificato un effettivo svuotamento dell’attività lavorativa della ricorrente (la Giuliani, ndr), finalizzata all’emarginazione ed alla dequalificazione professionale della stessa dall’ambiente lavorativo».

«La strategia mobizzante, diretta all’effettivo demansionamento della ricorrente attraverso una serie di determinazioni a firma del Sindaco del Comune di L’Aquila, è da ritenersi positivamente accertata sotto il duplice profilo, sia oggettivo che soggettivo. Sotto il profilo oggettivo, la molteplicità delle determinazioni sindacali che hanno inciso sulla posizione lavorativa della ricorrente hanno assunto una connotazione marcatamente vessatoria nella misura in cui hanno causalmente determinato la progressiva sottrazione in capo alla stessa di qualsiasi forma di responsabilità apicale e/o di capacità gestionale. In via generale si rileva che il carattere persecutorio di detti comportamenti risulta soprattutto dalla pretestuosità delle decisioni datoriali, la quale deve intendersi declinata principalmente in termini di irrazionalità e di antieconomicità dell’azione amministrativa». E, «sotto il profilo soggettivo, l’intento persecutorio sotteso alla condotta datoriale a discapito della professionalità della ricorrente è altresì desumibile dalla concreta privazione della stessa di un ufficio ovvero di una qualsiasi postazione di lavoro».

La liquidazione del danno biologico ha riguardato anche le sofferenze fisiche e psichiche patite dalla dirigente dello stato di prostrazione psicologica derivante dalla perdita della posizione già ricoperta e poi venuta meno, dal demansionamento subito e dalla volontà del sindaco – difeso dall’avvocato Domenico De Nardis – di escluderla dalla Sge.

Contestualmente, con diversa sentenza, è stata annulla la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della corrispondente retribuzione per tre giorni, inflitta con provvedimento del 11 ottobre 2012. L’avvio del procedimento disciplinare riguardava l’episodio avvenuto durante la seduta del Consiglio Comunale del 26 luglio 2012. «Ancorché “prontamente informata” della mancata collocazione di bottiglie d’acqua sui banchi dell’Aula, la stessa ‘”non provvedeva a soddisfare la richiesta, adducendo allo stesso Segretario Generale giustificazioni non rispondenti al ruolo (…) e benché fosse presente in aula un dipendente di cat. B1 al quale potevano legittimamente essere impartite le opportune disposizioni per provvedere in merito». Quindi il provvedimento disciplinare è scattato per omesso approvvigionamento di bottiglie d’acqua. La conclusione alla quale è arrivata la sentenza è che non si ravvisano gli estremi di una condotta avente rilevanza disciplinare.

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