Il ristagno della socializzazione giovanile

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Il ristagno della socializzazione giovanile. L’ultimo incontro organizzato dal Panathlon aquilano, “Dove fare sport nei comuni del cratere”, ha lanciato un vero e proprio Sos per i giovani e per gli spazi di socializzazione. Una provocazione critica nei confronti delle istituzioni e delle stesse associazioni sportive. Una specie di richiamo per scuotere gli animi dal torpore del post terremoto.

L’imminente chiusura dell’anno scolastico concorre ad aggravare l’importante sollevato dal Panathlon sullo stato in cui versano gli impianti sportivi.

Dalla settimana prossima dove andranno a giocare i nostri bambini? Quali saranno i punti di riferimento. Dove mai potranno socializzare i nostri ragazzi dopo la chiusura delle scuole? Questi interrogativi non se li dovrebbero porre solamente il Club aquilano e questo giornale. Dovrebbe essere una competenza specifica delle istituzioni locali, delle associazioni sportive tutte e delle famiglie. Non si può arrivare all’ultimo momento e pensare di risolvere il problema con la bacchetta magica. Questa non esiste, non è mai esistita e, perciò, non ha mai funzionato.

Sarà bene che comuni ed associazioni sportive si siedano seriamente attorno ad un tavolo di lavoro e trovino una adeguata soluzione con tutta l’urgenza che il caso richiede. Siamo alle porte della chiusura dell’anno scolastico ed i ragazzi non possono ulteriormente soffrire a causa dell’incuranza generale.

Tutti i campi di calcio sono stati occupati dalle tendopoli, i cui lavori hanno richiesto alcuni interventi immediati, come il copioso impiego di materiale inerte, per consentire almeno un superficiale drenaggio, evitando di far camminare gli occupanti con i piedi nel fango.

Una volta smontate le tende, i campi sportivi non sono tornati al pristino stato. Anzi, sono stati abbandonati in una condizione che li ha resi inutilizzabili e impraticabili. Agli occhi dell’osservatore appaiono come zone desertiche di ghiaia, costellate da tante oasi verdi invase da erbacce di ogni specie.

In questo caso la Protezioni Civile ha lasciato un po’ a desiderare. Quanto meno avrebbe dovuto togliere l’inerte impiegato, cercando di riseminare le superfici manomesse. Avrebbe dovuto avvertire l’obbligo morale di riportare, per quanto possibile, l’impianto in pristino stato, disponendo delle necessarie risorse economiche, essendo a perfetta conoscenza delle scarse disponibilità comunali.

Forse, è mancata anche la necessaria attenzione delle amministrazioni interessate e delle stesse associazioni che avevano ottenuto in gestione gli impianti stessi.

Occorrerebbe una corretta ed adeguata pianificazione della materia, evitando in ogni modo le solite improvvisazioni, inutili, dispendiose e, talvolta, anche insensate e pericolose, come la collocazione dei Salesiani proprio sotto la più potente linea elettrica ad alta tensione. Basterebbe una banale e fortuita formazione di un campo magnetico per provocare catastrofici eventi.

Non trova giustificazione alcuna il mancato interesse verso i giovani che, ad onor del vero, sono stati curati dal “volontariato esterno” nella fase di emergenza. La scorsa estate, in piena tendopoli village, l’offerta di svago per i piccolini e i giovani era quasi imbarazzante per varietà di scelta. Oggi, il problema non se lo pone nessuno. Eppure tutti hanno parlato abbondantemente di cercare di evitare, in ogni modo, momenti critici per i giovani, perché proprio essi rappresentano il nostro futuro.

Non si parla di queste cose. Si balbettano proposte prive di ogni contenuto, tese a consolidare solamente gli aspetti grigi del passato, senza neppure tentare di proiettarsi nell’immediato futuro che ci dovrebbe vedere candidati ad ospitare le prossime Universiadi e possibilmente coinvolti nei grandi eventi sportivi e culturali romani. Non ho parole.

L’unica proposta concreta risulta essere, ad oggi, il campo scuola di Murata Gigotti.

Vorrei che ne avessero a profusione di alternative possibili, i responsabili del Comune capoluogo e dei Comuni del cratere e mi piacerebbe che ne avessero anche le associazioni sportive, che dovrebbero entrare nell’ordine di idee che la gestione di un impianto sportivo pubblico non significa tacito trasferimento di proprietà, ma, solo ed unicamente, semplice concessione in comodato gratuito e, perciò, non soggetto ad alchimistiche manovre di lucro.

E’ bello lo slogan “lo sport per tutti” ma auspichiamo anche “impianti sportivi accessibili a tutti” e non in tempi biblici visto che le vacanze estive sono alle porte…

di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore – IlCapoluogo.it]

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