Addio a Robert Redford, il volto che ha dato dignità al giornalismo d’inchiesta

Il colletto della camicia slacciato, la cravatta allentata, le maniche rimboccate. Un telefono fisso che squilla e una macchina da scrivere che scandisce parole destinate a cambiare la storia. È così che milioni di spettatori hanno conosciuto Robert Redford in Tutti gli uomini del presidente, nei panni di Bob Woodward, uno dei cronisti che scoperchiarono lo scandalo Watergate.
Redford, morto due giorni fa a 89 anni, resterà per sempre l’immagine di un giornalismo che non aveva bisogno di clamore, ma di ostinazione, pazienza, rigore. Il suo Woodward, accanto al Carl Bernstein interpretato da Dustin Hoffman, è diventato il modello ideale del reporter: determinato, ironico, armato solo di penna e fiuto per la verità.
Non fu un caso se Redford scelse di produrre e interpretare la pellicola che mise in scena la più grande inchiesta della stampa americana. Con quel film consegnò al pubblico non soltanto una pagina di storia, ma anche una lezione sul mestiere del cronista: verificare, insistere, dubitare, senza mai cedere alle pressioni del potere.
E non si trattò di un episodio isolato. Nel 2015 tornò al giornalismo sullo schermo con Truth – Il prezzo della verità, nei panni di Dan Rather, volto della CBS, travolto dalle polemiche per un’inchiesta su George W. Bush. Ancora una volta, Redford difese la figura del giornalista che si espone pur di raccontare ciò che ritiene giusto.
Per Redford il giornalismo non era solo sceneggiatura, ma passione civile. La sua carriera dimostra che un attore può trasformarsi in custode di valori collettivi. Mentre molti colleghi inseguivano ruoli spettacolari, lui scelse storie che interrogavano la società: dalla corruzione politica al diritto all’informazione.
In un’epoca di fake news e intelligenza artificiale, la sua interpretazione resta una bussola. Non un’operazione nostalgica, ma un promemoria: il giornalismo vive se continua a essere scomodo, testardo e libero.
Redford lascia un’eredità fatta di cinema e impegno civile, ma soprattutto l’immagine indelebile del cronista al lavoro. Quella figura con le maniche arrotolate e il taccuino in mano resta il sogno di chi ha scelto questa professione.
Guardare oggi Tutti gli uomini del presidente significa ritrovare l’essenza di un mestiere che continua a cercare la verità, contro ogni ostacolo. E in quell’immagine, più che in ogni discorso celebrativo, vive l’omaggio più autentico a Robert Redford.