Caro Zio Remo, hai vinto tu
L’estate ci porta lo strano fenomeno estivo: l’elogio funebre a Remo Gaspari, tutti laudatores dell’ex ministro a scolpire l’epitaffio del “potente boss degli abruzzesi”. Certo che siamo ridotti davvero male, a leggere i titoli dei giornali. Siamo «lo strano Paese che adesso rimpiange lo "zio" Remo Gaspari», titola il Giornale di qualche giorno fa. Era «sobrio», dice il Corriere della Sera, era «pulito», sottolinea la Stampa, «Remo Gaspari, politico all’americana» titola il Manifesto, «Portò l’Abruzzo al Nord», celebra il Sole 24 Ore, mentre il quotidiano cattolico Avvenire lo benedice con l’assoluzione finale: «Gaspari, ovvero la politica che mai si fece casta». Un atto d’accusa spietato per i politici di oggi se si arriva a riscattare il “gasparismo”, diventato virtuoso ed operoso, considerandolo come modello strategico e di riferimento per chi, oggi, ha responsabilità di governo e di amministrazione.
E’ possibile con lucidità cominciare a separare luci ed ombre di quel periodo. Di sicuro la prima cosa che salta agli occhi è il rapporto di Gaspari con i sostenitori ed elettori che era di tipo personale e umano, prima che politico e ideologico. Il “più potente d’Abruzzo” era in contatto costante con la sua gente, anche nella stagione estiva, trasferendo il suo ufficio e la segreteria in riva al mare, sotto l’ombrellone a Vasto. Amico di tutti, ascoltava tutti e aveva una parola di conforto e una risposta per tutti. Anche nel più piccolo e sperduto paesello, conosceva tutti. Partecipava anche all’inaugurazione della macelleria nel paese di 50 anime.
Il metodo usato dal vecchio politico di Gissi per creare e raccogliere consenso e salire agli alti vertici della politica e del potere, per altri è, però, alle origini di tutti i mali della “cattiva politica”: dai fasti della generosa Cassa per il Mezzogiorno fino al baratro del debito pubblico dei giorni nostri. Quella politica, fatta di clientele, di assistenzialismo acritico, di creazione di bisogni, ha costruito l'Abruzzo di oggi. Gaspari, il re del clientelismo democristiano, ma fondamentalmente pulito, scomodo, senza peli sulla lingua. Una sorta di Andreotti abruzzese potentissimo durante la Prima Repubblica che come Andreotti, fece del clientelismo una risorsa per il territorio, il suo, ampiamente beneficiato da opere pubbliche ed infrastrutture che hanno fatto dell’Abruzzo una Regione avanzata nel Centro Italia, allontanando definitivamente il pericolo di una nuova ondata migratoria per il lavoro.
Zio Remo ha trovato lavoro a migliaia di persone attraverso l’applicazione del metodo 5-3-2. Cinque posti al proprio elettorato, tre agli alleati e due all’opposizione. Il “re delle segnalazioni” che oggi fa scuola più che essere criticato, ha come unico erede della politica di servizio, Gianni Letta le cui porte sono sempre aperte per i conterranei, gli altri – eredi - hanno saputo solo ammettere che un altro leader così non ci sarà più per l’Abruzzo.
Nel bene e nel male oggi, comunque, la politica è orfana e zio Remo ha vinto.
di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore - IlCapoluogo.it]
Articoli correlati