Casette di legno, fatta la legge trovato l’inganno. Ecco qua

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Ce lo aspettavamo da tempo. Il problema urbanistico legato al Prg, alle aree bianche e alla mancata pianificazione territoriale, che sarebbe calato come una ghigliottina sulla testa degli aquilani, è arrivato puntuale. D’altronde, visto che non c’è un disegno del territorio, né un’idea di città, con una tattica “a orologeria” e un accerchiamento politico-mediatico, ecco esplodere il “bubbone” dell’abusivismo edilizio legato alle casette di legno. «Stanno proliferando fuori controllo e, spesso, fuori norma» il monito del Sindaco Cialente, che parla di «riportare la situazione ad uno stato di normalità edilizia e paesaggistica». Belle intenzioni, ma come?

Il dato certo è solo il numero delle abitazioni autorizzate (1.046) dalla ormai famosa delibera 58, mentre resta ancora sconosciuto il numero delle case ‘fuori controllo’ che pare si aggiri sui 4.000 manufatti nel solo capoluogo. A fronte della proposta del Sindaco di fotografare l’intero territorio comunale dall’alto e di confrontare le immagini con quelle realizzate all’indomani del 6 aprile 2009, dobbiamo suggerirgli che già prima del terremoto l’Ufficio per il territorio del ministero delle Finanze aveva effettuato delle foto aeree su tutti i Comuni italiani, compresa L’Aquila, per censire le case fantasma. Quindi, basta sovrapporre semplicemente le due cartografie per avere una fotografia della situazione edificatoria attuale. Per non parlare della possibilità di incrociare i dati dei manufatti temporanei con le abitazioni B e C ultimate, che presuppongono il venir meno dei requisiti per il mantenimento delle casette stesse.

Ma a noi le cose semplici non piacciono proprio e allora via con il gran polverone sollevato dalla richiesta del Sindaco di coinvolgimento della prefettura per stanare gli “abusivi” e regolamentare la situazione ormai degenerata. Una bagarre e in Consiglio comunale c’è chi ha tuonato: “Si permetta ai proprietari di mantenerli se le regole sono state o possono ancora essere rispettate”. Ma come si concilia questa affermazione con l’avallo da parte di uomini delle Istituzioni di regole non rispettate? Con il termine di 36 mesi che si avvia alla scadenza e le case B e C ormai riparate? Con i terreni agricoli che sono diventati edificabili?

Per mascherare l’operazione a dir poco speculativa ci mancava solo la “storia” accorata e straziante di un padre la cui casa dovrà essere demolita, storie che potrebbero diventare 4.000 a questo punto. Ma stiamo scherzando? E l’asticella della legalità che invece di innalzarsi sempre di più si appiattisce nella pretesa che siccome siamo terremotati tutto ci è permesso? Per non parlare dei “volpini”, perché ce ne sono, che hanno costruito anche più di una casetta senza averne i requisiti, ma che ora vogliono salvare capra e cavoli chiedendo una sanatoria per trasformare i manufatti temporanei in definitivi nel mare magnum che regna in città.

Se da un lato abbiamo cittadini che rivendicano oggi il fatto di aver sborsato i propri soldi dopo il sisma e non aver pesato sullo Stato, avendo rinunciato alle soluzioni abitative fornite dal Governo, non si può trascurare il rischio della speculazione e dell’abusivismo. Il problema si fa serio anche perché solo ora le istituzioni si preoccupano dell’impatto che queste nuove strutture stanno avendo sul paesaggio oltre all’aumento esponenziale di cubatura non contemplata dal Prg vigente, sommato alla cubatura del Piano Case e delle “aree bianche”. Insomma, l’idea che si stia lavorando a un piano regolatore “ombra” non sembra più tanto fantapolitica. Ma qualcuno ha pensato a fare i conti di quanto costerà solo in termini di realizzazione di opere primarie tutto questo per l’intera collettività? E quanto peserà sul bilancio comunale dei prossimi anni?

La ricetta giusta è nella legge, basta avere la volontà di applicarla, senza pensare ai condizionamenti del voto che dovrà venire, che in questo modo da valore, diventerebbe un cancro per la democrazia.

Ogni popolo decide il proprio futuro in base alla propria ignoranza, e decide di suicidarsi socialmente ed economicamente con il mezzo che meglio gli aggrada. Se gli aquilani hanno deciso di farlo annegando nel cemento abusivo basta saperlo.

di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore –  IlCapoluogo.it]

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