Elezioni: Properzi è il candidato del Pdl. L’Aquila verso il domani

centrodestra, pdl

«La mia candidatura ed il mio programma puntano ad unire, a creare una convergenza delle varie posizioni» così si è presentato Pierluigi Properzi, per la prima volta, alla città come candidato Sindaco. L’ha fatto forte dell’appoggio del Pdl che, nell’esecutivo provinciale di ieri pomeriggio, dopo i mal di pancia, pare essersi ricompattato votando per il sostegno alla sua candidatura con la lista civica “Domani L’Aquila“.
Nella sala dell’Ance, alla presenza di simpatizzanti e amici, ha avuto il suo primo battesimo da candidato: maglioncino blu, intervista in piedi, atmosfera rilassata e organizzazione “artigianale”, fatta in casa, come affermato dallo stesso Properzi. Non gli piacciono gli slogan ma parla di «un progetto politico che guarda al futuro più che al passato. E’ il futuro che interessa ai cittadini. Io ci metto la faccia, perché a questo punto è un passaggio necessario».  Cinque i punti chiave del programma: ricostruzione, sviluppo ed innovazione, efficienza amministrativa, certezza delle regole, semplificazione delle procedure.
Perché ora? «Ora, rispetto al passato, sono cambiate le mie condizioni personali e sono pronto. Il terremoto ha cambiato tutto e mi sono chiesto cosa posso fare? Molti, dopo il 6 aprile, hanno fatto qualcosa per questa città, dai comitati al popolo delle carriole. Io ho fatto quello che so fare. Sono un urbanista e un profondo conoscitore della storia di questa città. Ho fatto quello che può fare un intellettuale, ho cercato di mobilitare l’attenzione italiana sulla questione aquilana. E l’ho fatto nel mio mondo: workshop nazionali, convegni, congressi, forum, atelier,  arrivando ad assumere anche una posizione forte e polemica su come si stava ricostruendo la città».
Nota dolente sulla governance? «La legge 77 che metteva tutto, emergenza e ricostruzione,  nella mani di un unico soggetto, Bertolaso e la Protezione Civile Spa. Ora Bertolaso non c’è più e la Protezione Civile Spa si è arenata. E’ innegabile che il Progetto Case sia stato un esempio straordinario di efficenza ed efficacia: costruire 5000 alloggi in 5 mesi è da primato mondiale. Ma è altrettanto innegabile che  dal punto di vista urbano della città ha prodotto solo enormi problemi. Così con il venire meno del progetto iniziale legato alla Protezione Civile si è avviata una governance zoppa, dove Commissario e Sindaco hanno interpretato in modo troppo protagonistico questo tipo di governo del territorio».
Il primo atto da Sindaco? «Intervenire sulla macchina comunale». Il Piano di Ricostruzione serve? «E’ utile quando e dove serve. Dobbiamo stabilire  prioritariamente come e dove collocare L’Aquila. Abbiamo perso tre anni e siamo all’anno zero e al quinto anno, storicamente inizia la decadenza. Se si fosse raggiunto un punto di convergenza fra Comune e Commissario, si sarebbe potuto cominciare con la ricostruzione degli edifici vincolati che non avevano bisogno di un cambio di destinazione d’uso. Ora dobbiamo perseguire il recupero della normalità, normalità procedurale e degli atti amministrativi. Perché a piazza Santa Giusta sta per partire il restauro della chiesa e non si può intervenire con il restauro del Palazzo della Regione e degli altri edifici privati?».
Cosa critica a questa amministrazione? «La disattenzione crescente per il territorio urbano e agrario e la ricostruzione senza un modello di riferimento, senza sapere quale sarà la nuova forma urbana della città. Dobbiamo parlare del domani senza infognarci sulle questioni del passato. Dove collochiamo L’Aquila? In funzione di cosa? E’ in atto un consumo altissimo di suolo  con il rischio di rendere L’Aquila una città invivibile. Il centro  storico è sicuramente una priorità ma il territorio è ormai decomposto in due forme urbane: una a est e una a ovest, con la conseguenza che questa sarà una città che vivrà sull’automobile. Rischiamo di far diventare L’Aquila una brutta città. Nell’immediato post-terremoto, quando ancora non si iniziavano a scrivere le regole per la ricostruzione, abbiamo perso un’occasione storica, quella di far vivere una città vera, dal centro storico alle periferie. Le periferie – da Pettino al Torriore, per esempio – dovevano essere trasformate in città vivibili, anche perché dobbiamo innalzare il livello di qualità dei luoghi dove vive la gente. E’ impensabile che la gente debba socializzare nei Centri commerciali. La questione sociale è un punto nodale che ci troviamo ad affrontare. Dobbiamo pensare a ricomporre un contesto sociale sgretolato».
Chiude senza polemiche verso gli avversari ma con un richiamo alla sua campagna elettorale improntata sulle cose e non sulle persone. Polemiche no ma stili di governo diversi, sì.

Maria Cattini, L’Aquilablog.it

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