L’Aquila, la mala ricostruzione: come siamo diventati “brutti, sporchi e cattivi” agli occhi del mondo

aggiudicazione Ricostruzione

di Maria Cattini – Il rapporto dell’europarlamentare danese Søren Bo Søndergaard sui presunti abusi dell’utilizzo dei fondi Europei è l’ultimo, in ordine di tempo, atto di accusa contro gli attuali responsabili ricostruzione della città dell’Aquila.

Fuori cratere, è diventato oggettivamente difficile trovare giustificazioni per la desolante realtà nella quale ci ritroviamo a vivere ogni giorno. In cinque anni, si sono susseguiti tre governi nazionali: tutti accusati dagli amministratori locali di non aver fatto abbastanza per la ricostruzione. Berlusconi era Berlusconi: ad alcuni basterebbe solo questo per liquidarlo come l’autore di tutti i mali possibili e immaginabili.

Bertolaso -“Guido” come lo chiamavano confidenzialmente il Sindaco Cialente e l’allora Presidente della Provincia Pezzopane-  era diventato ingombrante prima ancora che venisse coinvolto negli scandali giudiziari. Ma anche il suo sostituto, l’ex prefetto dell’Aquila Franco Gabrielli, non ha risparmiato critiche a chi ha rivendicato le “redini” della ricostruzione. Anche al Presidente della Regione, Gianni Chiodi, è stato chiesto di farsi da parte: solo il fatto di essere nato nell’altro versante del Gran Sasso è bastato a suscitare contro di lui la diffidenza degli aquilani. Tanto da additarlo come l’artefice di un diabolico “complotto” contro le istituzioni aquilane. Fuori quindi anche il Governatore. Poi è arrivato il ministro Barca, che aveva accettato personalmente la sfida di una “good governance” della ricostruzione. Ma, dopo essersi conto dell’autoreferenzialità dominante degli amministratori aquilani, è intervenuta la prematura caduta del Governo Monti a toglierlo dall’imbarazzo di esprimersi su cosa, in realtà, bloccava la ricostruzione.

Anche l’arrivo del “compagno” Enrico Letta (Pd), quello con le “palle d’acciaio”, non è riuscito a creare la necessaria sintonia tra il Governo e la nostra pasionaria, nel frattempo eletta senatrice, Stefania Pezzopane, che non perde occasione per presentare  emendamenti per richiedere maggiori fondi e far assumere l’universo mondo negli enti locali aquilani. Tantomeno è migliorato il rapporto tra il sottosegretario Legnini e il Sindaco Cialente, che continua a minacciare marce sulla capitale e mobilitazioni di massa.

Dagli ambienti ministeriali aumentano le testimonianze sull’irritazione e il fastidio nei confronti dei nostri rappresentanti. A Roma è sempre esistita la credenza che gli abruzzesi fossero gente caparbia: ma adesso vengono percepiti come persone che vivono fuori dal mondo, che rifiutano di accettare la drammatica realtà economica del Paese e che pretendendo di avere fondi per una ricostruzione senza dimostrare la capacità e il coraggio di presentare un progetto concreto sul quale intervenire. 
E non c’è da sorprendersi delle severe critiche dei rappresentanti dell’Unione Europea, come quelle del danese Søren Bo Søndergaard. Venendo a L’Aquila e prendendo atto che la ricostruzione del centro storico è praticamente ferma, il loro rapporto non può che trovare conferme dei peggiori pregiudizi sugli italiani. Dopo tutto, è vero che l’uomo e, quindi, gli aquilani si possono abituare a tutto e che la capacità di adattamento ai mutamenti determina la sopravvivenza di ogni specie animale, ma nessun cittadino di un paese civile potrebbe esprimere giudizi positivi su una ricostruzione che procede alla rinfusa. Dove si ha l’impressione che, con la scusa del sisma, molti di quelli che hanno avuto la possibilità di bussare con il cappello in mano lo abbiano fatto pensando solo al proprio piccolo interesse, arrivando alla fine a realizzare progetti di difficile sostenibilità.

In una fase in cui l’Europa chiede di ridimensionare il numero dei aeroporti, chi, fuori dall’Aquila, potrebbe plaudire all’investimento di cinque milioni di euro di fondi pubblici per il fantomatico Aeroporto dei Parchi? Davanti a un centro storico dove non è stata ancora recuperata neanche una piazza nella sua interezza, chi potrebbe entusiasmarsi per la realizzazione di una pista di atletica di livello olimpionico?  Chi non rimarrebbe sconvolto nel constatare lo stato dei tre auditorium costruiti nell’orgasmo della raccolta fondi per “la cultura”? Chi non sarebbe scandalizzato nel notare l’immutato caos che contraddistingue la progettazione urbanistica del nuovo, prima ancora che della ricostruzione del vecchio?

Se si vuole comprendere perché, agli occhi del mondo, siamo diventati improvvisamente “brutti, sporchi e cattivi”, bisogna piantarla di nascondersi dietro un orgoglio sterile. Utile semmai solo a costruire degli alibi ai politici o a nascondere i loro fallimenti, ma non certo a cambiare marcia sulla ricostruzione.

Bisogna sforzarsi di capire le vere motivazioni che hanno spinto Oliviero Toscani a fuggire via dopo aver constatato che la città è stata trattata “come una vecchia puttana”. Bisogna approfondire le dinamiche che, alla fine, hanno allontanato dalla’Aquila personaggi come l’autore della ricostruzione di Alexanderplatz a Berlino, l’architetto Renzo Piano, tra i primi a mettere a disposizione le sue esperienze e le sue capacità.

Dopo che gli attuali amministratori locali sono riusciti ad allontanare chiunque non fosse funzionale ai loro piccoli interessi, L’Aquila è una città alla deriva che non suscita più solidarietà ma, al massimo, compassione. Se questi inadeguati personaggi si ostineranno a rimanere al loro posto, oltre al giudizio del resto d’Italia e dell’Europa, anche quello della Storia sarà impietoso nei loro confronti. Di questo possono stare sicuri.

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