L'ultima spiaggia o l'ultima supplica
Per dare al popolo l’impressione di interessarsi di un argomento, dal quale potrebbe scaturire una duplice e antitetica sorte di questa città, i rappresentanti politici del territorio, o almeno una parte di essi, hanno messo in moto la sceneggiata del pellegrinaggio da L’Aquila a Montecitorio per rivolgere l’ultima supplica al Governo, relativa alla proroga delle tasse. Veramente avrebbero dovuto chiedere, in tempo utile, la detassazione nella stessa misura riservata ad altri territori colpiti da identiche calamità naturali.
Qualcuno potrebbe obiettare che il tentativo è stato effettuato. Personalmente, però, sono costretta a dissentire perché la materia non è stata gestita affatto bene. Sarà anche questione di punti di vista, sicuramente. Ma, visto che gli organi governativi cercavano di menare il can per l’aia, non sarebbe stato, forse, più opportuno promuovere una proposta di legge d’iniziativa popolare, allo scopo di avere una maggiore capacità contrattuale. Sarebbe stato un tentativo, ma andava perseguito. Almeno sarebbero state percorse tutte le vie possibili.
Invece, col capo cosparso di cenere e con la corda al collo, ci incamminiamo verso la Capitale, verso l’ultima spiaggia, sulla quale andremo a deporre tutte le nostre speranze per non aver saputo predisporre seriamente una piattaforma di richieste, costruita sulle reali esigenze ed aspettative del territorio, evitando di far rimbalzare, attraverso comunicati e conferenze stampa, cifre iperboliche che hanno prodotto un solo effetto: l’ulteriore perdita di credibilità da parte degli amministrati e la completa disattenzione da parte degli Organi dello Stato.
I pellegrinaggi, come gli scioperi di piazza, non pagano più. È arrivato il tempo di mettersi a sedere attorno al tavolo delle trattative per cercare di raccogliere i migliori frutti con le più splendide idee. Le “intelligenze” locali le abbiamo messe da parte, alcune, addirittura, le abbiamo deportate perché costituivano un termine di paragone dal quale emergevano i vari livelli dei quozienti intellettivi politici che, certamente, non gratificavano e non gratificano la classe amministrativa attuale.
Non ho potuto avere sul tavolo uno straccio di documento che gli amministratori del cratere si appresterebbero a consegnare al Governo. Non ho neppure ravvisata un’azione combinata e convergente tra Regione, Provincia e Comuni. Così, faremo la felicità dei governanti che, nell’incertezza generale, chiederanno ai rappresentanti locali quale linea si vuole seguire, visto che sono state proposte varie ipotesi, ammesso che siano state formalizzate nella giusta maniera.
Ancora una volta essi torneranno a mani vuote o, tutto al più, con un pugno di riso che dovrà bastare fino alla fine dell’anno, meglio ancora fino alla ricostruzione. Una ricostruzione messa nelle mani di un Commissario, di una Regione fortemente ingessata dalle volontà dei referenti di partito. Una Provincia che, senza competenze specifiche in proposito, cerca di alzare la testa e di emergere senza successo, con poche idee ed in condizione di forte subordinazione. Appare quanto meno impacciata e, anche questa, ingessata.
Non vorrei affrontare le condizioni in cui opera il Vice Commissario comunale alla ricostruzione. Camaleontico nell’espressione di catastrofiche situazioni. Pirotecnico nella formulazione di richieste quasi sempre poco credibili.
Inoltre, cerca di denigrare il lento operare dell’Esercito e dei Vigili del Fuoco nella ordinata rimozione delle macerie, cercando di recuperare il ruolo del gestore, dal quale era stato esautorato già da tempo.
Ora ha coniato un nuovo slogan nell’illusione di riscuotere possibili consensi: porto gli aquilani a Roma, o porto Tremonti a L’Aquila! Potrebbe essere anche un viaggio senza ritorno. Forse, sarebbe stato meglio portare qualche idea propositiva a Roma. Avremmo riscosso stima, positivi apprezzamenti e, in ultima analisi, avremmo riportato anche qualche soldo. Chi vivrà … vedrà!
di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore - IlCapoluogo.it]
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