Balocchi & Profumi

consiglio comunale

Sono trascorsi, ormai, quasi otto mesi dalla fatidica notte del 6 aprile e si respira ancora un’aria asfittica, carica di polvere per i lavori in corso e di inquinanti polveroni, sollevati dall’illuminato consesso comunale, che, nel pensatoio dell’aula consiliare, sprigiona idee come nuvoloni carichi di elettricità.

Queste idee, inevitabilmente, cozzano violentemente tra di esse dando luogo a fulmini, saette, scariche di ogni genere e tanti roboanti tuoni che perdono di intensità e di efficacia, non dietro ai monti, ma all’interno della stessa aula, una volta chiusi i lavori consiliari.

A questo punto, mi tornano alla mente alcuni significativi versi leopardiani che, sicuramente, non hanno bisogno di alcun commento esplicativo: “Passata è la tempesta,/ odi l’augel far festa/ e la gallina, tornata in su la via,/ che ripete il suo verso”. Infatti, i consiglieri, non appena guadagnata l’uscita, starnazzando, commentano l’andamento dei lavori. Riferiscono ai capannelli delle “confraternite” di appartenza l’esito degli argomenti trattati. Si dirigono frettolosamente verso la pizzeria più vicina per continuare i discorsi più comodamente. Così, tra un pezzetto di pizza e mezzo bicchiere di Montepulciano, la discussione finisce, come al solito, a tarallucci e vino.

Spero tanto di essermi sbagliata, la realtà dei fatti, purtroppo, mi porta a credere che le Istituzioni locali, preposte alla ricostruzione della città, abbiano prodotto solamente “versi”, chiacchiere, solo irrespirabili polveroni. Tutto fumo e niente arrosto.

La corsa agli incaricucci retribuiti, l’affidamento delle piccole e medie forniture, la modesta operuccia nel proprio orto elettorale realizzata, magari, con i fondi della protezione civile, queste sono le argomentazioni di particolare interesse della maggior parte dei consiglieri del Capoluogo di Regione.

Non è bastato neppure lo scossone sismico a far sollevare lo sguardo dei civici Amministratori verso un orizzonte più ampio, ricco di esempi e di idee tipiche di una città culturale che dovrebbe eccellere per propulsione nell’ambito del territorio regionale.

Invece, cosa fanno gli “irreprensibili” amministratori della cosa pubblica? Cacciano a pedate nel sedere il maggiore esponente dell’architettura giapponese, giocandosi, forse, anche il sostegno finanziario del Paese nipponico. Snobbano, con un imbarazzante silenzio, uno dei più prestigiosi studi di architettura nazionale, quello di Renzo Piano, che si era offerto di progettare gratuitamente la ristrutturazione e messa in sicurezza di tutti gli immobili di proprietà della locale Università. Si sono fatti prendere dalla “tondomania”, pensando di risolvere in maniera ottimale i problemi della circolazione urbana, trascurando completamente quelle che sono le vere problematiche di mobilitazione legate ai nuovi insediamenti urbani. Preferisco sorvolare sulla carenza, quasi totale, del servizio di nettezza urbana.

I problemi veri, quelli connessi alla ricostruzione della città, sono stati collocati in secondo ordine, forse perché troppo impegnativi e carichi di responsabilità che nessuno vuole assumersi, delegando tutto alla Protezione Civile?

In questo modo pensiamo di poter tornare a volare in alto?

Gli esponenti di tutte le espressioni politiche locali si sono sbracciati per cercare di ottenere il riconoscimento della “zona franca” per le aree sconvolte dal sisma. Se il provvedimento governativo dovesse giungere in porto a breve scadenza, come penserebbe il Comune di gestire questa delicata materia?

Sempre all’insegna dell’emergenza?

Dell’improvvisazione, o della presentazione del progetto della cittadella dello sport, vecchio di decenni ed elaborato dall’Università e non dal Comune, ignorato per anni perché ritenuto futuristico?

Per attrarre nuovi investimenti strutturali industriali, artigianali, commerciali cosa è stato fatto?

Quali strategie sono state poste in essere?

È stato elaborato un progetto programmatico di ciò che si intende realizzare?

È stata estesa una pianificazione volta a ricostruire il tessuto sociale connettivo di questa città, proiettato, una volta tanto anche per caso, verso il futuro e strettamente connesso al ruolo che la Città stessa dovrebbe assolvere in campo regionale?

Sono stati elaborati dei progetti d’area, corredati di precisi elaborati dai quali si possano desumere le priorità delle opere da realizzare?

Oppure preferiamo pensare prima alle costruzioni, come al solito, e poi dedicare, a tempo perso, qualche sporadica attenzione alla realizzazione delle strade, delle fogne, delle reti elettriche e telematiche?

Per una volta tanto proviamo ad usare la razionalità del pensiero, realizzando prima la rete stradale con i servizi connessi e poi le costruzioni. In questo modo le opere pubbliche costerebbero di meno e non verrebbero, certamente, manomesse una volta ultimate per la costruzione della rete fognaria, della rete elettrica, di quella telefonica e così via di seguito. Le stesse opere potrebbero avere anche una maggiore durata con minori esborsi economici per l’ordinaria e straordinaria manutenzione, ammesso che si entri nella logica di mantenere in efficienza il patrimonio delle opere pubbliche. Il tempo, in queste circostanze, è tiranno. Non consente dilazioni.

Occorre prepararsi per tempo se si vuole godere dei benefici di legge predisposti in materia. Fino ad oggi, sebbene gli “araldi” comunali abbiano strombazzato ai quattro venti iniziative eclatanti, – come il famoso “piano strategico” per il rilancio del Capoluogo, smarrito tra le macerie del terremoto -, di eventuali programmazioni o pianificazioni la pubblica opinione non ha avuto la minima informazione. Può darsi pure che la materia sia stata già definita e mantenuta segreta per farla esplodere sensazionalmente in occasione della definizione delle prossime liste elettorali.

Se dovesse essere già pronta, fatela recapitare in redazione e sarò ben lieta di portarla a conoscenza dei cittadini aquilani, ovunque essi siano.

di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore – IlCapoluogo.it]

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