“Zona Franca” partigiana
Ho sempre ritenuto che i nostri parlamentari abbiano recepito, alla fine, con i ritardi dei tempi tecnici consueti, le segnalazioni dei cittadini ma non avrei mai immaginato, invece, che potessero occorrere ben diciotto mesi per capire come l’area del cratere abbia bisogno necessariamente di una vera e propria “zona franca” per poter programmare, organizzare e realizzare un processo di rinascita e di rilancio dell’intero territorio.
Ne hanno parlato, in maniera impropria, i senatori Marini e Piccone, annunciando trionfalisticamente l’accoglimento di un loro emendamento alla emananda “manovra finanziaria”. C’è poco da pavoneggiarsi, perché la “finanziaria” rappresenta un provvedimento per l’assestamento del bilancio dello Stato, apportando una serie di modifiche, meglio ancora di tagli economici, per tentare di riportare in equilibrio il documento di gestione economica del Paese.
Non si tratta di una legge speciale, capace di istituire e regolamentare la ripresa socio economica dell’area devastata dal sisma.
Francamente, non capisco proprio l’atteggiamento di Marini e Piccone che vorrebbero far passare per “zona franca” il presunto accoglimento di un semplice emendamento alla proposta in itinere.
Alla predetta azione, ammesso che vada in porto, dovrebbe far seguito, immediatamente, la presentazione di un disegno di legge “bipartisan” per l’istituzione della tanto sbandierata zona franca. Per fare tutto ciò, a mio avviso, occorrerebbe che i nostri rappresentanti politici in seno al Parlamento fossero scevri da sciocchi campanilismi e trasversali vendette politiche. Inoltre, sarebbe necessario un’ottima conoscenza della materia amministrativa e legale e delle possibili proiezioni volte ad una corretta politica sociale ed economica per il ripristino dei necessari equilibri nell’area del cratere.
Tutto questo, scusatemi, non riesco a vederlo, con tutta la buona volontà, nelle dichiarazioni di Marini e Piccone. Anzi, a mio avviso, gli stessi tentano di far adottare dal Governo provvedimenti “partigiani”, con i quali si privilegiano alcune categorie di cittadini, a tutto danno dei lavoratori dipendenti, come se questi non fossero contribuenti al parti delle attività produttive. I dipendenti pagano tutto, fino all’ultimo centesimo, in anticipo e in maniera coercitiva, mentre altri settori, in quanto a contribuzione, lasciano alquanto a desiderare. Questa sarebbe la corretta applicazione dei principi costituzionali e dei dettami della magistratura “la legge è uguale per tutti”? Bellissimo esempio di ampiezza di vedute. Eppure, durante tutte le campagne elettorali i vari candidati fanno affidamento ed ottengono consensi decisivi maggiormente dal settore impiegatizio. Su questa categoria, perciò, si concentrano le cattiverie dei “grandi” istrioni della politica aquilana.
Questo è il risultato che le proteste degli aquilani e dei “comitati cittadini” hanno ottenuto dopo l’ennesima “marcia su Roma”. Violenza, umiliazione e interdizione di accesso ai luoghi istituzionali. È una vergogna giocare sulla pelle dei contribuenti! È una vergogna discriminare ingiustamente cittadini e contribuenti, dimostrando oltretutto di non conoscere neppure il gettito erariale degli aquilani. Grava quasi tutto sulla classe impiegatizia ma basterebbe consultare i dati dell’Agenzia delle Entrate.
E’ giusta la maniera di protestare dei “comitati cittadini” per mantenere accesi i riflettori sul territorio danneggiato dal sisma ma ritengo, però, che non sia sufficiente. Sarebbe necessario che gli stessi comitati facciano sentire un costante e pressante respiro sulle spalle dei rappresentanti politici in seno al Parlamento, affinché essi si facciano carico di presentare una proposta di legge congiunta per l’istituzione della “zona franca” nell’area del cratere, con l’estensione dei benefici a tutti i cittadini, nessuno escluso, visto che la copertura finanziaria esiste in quanto inserita nella manovra finanziaria. Occorre una legge specifica. Con i provvedimenti tampone non si riesce ad intervenire con razionalità e sufficienza. Le tasse o le paghiamo tutti, oppure nessuno!
Se tutto ciò non dovesse avvenire in tempi assolutamente brevi, sarà bene che proprio i “comitati” prendano in mano la situazione, promuovendo la presentazione di un disegno di legge d’iniziativa popolare. Basterà adattare una precedente normativa, inserendo nella stessa le agevolazioni concesse al altri territori a noi vicini, come l’Umbria, lasciando cadere nell’oblio le tasse di scopo che, nella bontà delle medesime, non risolvono però i problemi reali delle aree in crisi economica e sociale.
Così avremo anche la riprova certa: l’esatta individuazione dei rappresentanti politici che saranno in grado di sostenere la proposta d’iniziativa popolare e da quali “franchi tiratori” ci dovremo guardare attentamente nel presente e nel futuro.
Sarò proprio curiosa di sapere dove andranno a nascondere la faccia i parlamentari aquilani se i “comitati” avranno la volontà, capacità e forza di mettere in piedi il disegno di legge capace di assicurare e difendere i loro interessi.
Le marce su Roma servono per richiamare l’attenzione della nazione, ma non risolvono i problemi dell’attualità presente e futura. Le fiaccolate rischiarano l’aria della notte, ma non illuminano la mente dei nostri parlamentari. A questo punto essi dovrebbero essere sufficientemente edotti ed interessati. Giudicate voi, liberamente, se il territorio si trovi in un perfetto stato d’abbandono, oppure se sia in grado di manifestare le prime effervescenze di una ripresa socio economica.
di Maria Cattini
[tratto da Gli Editoriali del Direttore - IlCapoluogo.it]
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