Il linguaggio dell’estrema destra online: come funziona davvero la nuova propaganda

primo selfie

Linguaggio estrema destra online? La politica del XXI secolo non ha più bisogno di piazze, comizi e saluti romani in pubblico. La lingua dell’estrema destra, oggi, vive soprattutto dove l’algoritmo garantisce copertura e impunità: nei feed dei social network. Ed è una lingua che non assomiglia a quella dei manifesti di partito, ma a un sistema di codici, soprannomi, emoji, algospeak e meme che permette di parlare a un pubblico scelto, senza farsi intercettare dalle piattaforme.

Non è una novità che l’estrema destra sia abile nell’adattarsi ai contesti; la novità è che ora utilizza un vero linguaggio bifronte: uno per la massa distratta e uno per gli adepti. È un fenomeno così esteso da essere mappato con precisione nel dossier realizzato da Facta e Maldita.es .

Codici, numeri e soprannomi: la grammatica occulta

Quando una sigla banale diventa uno slogan estremista

Il caso più citato è “CAFE”: non un invito a prendere un espresso, ma l’acronimo di Camarada Arriba Falange Española. Un modo rapido per fare propaganda senza violare le policy sulle organizzazioni estremiste. Lo stesso vale per “Æ”, che significa “Arriba España”, o “FF”, usato per il “Franco Friday”.

Il linguaggio estremista ricicla tutto ciò che può apparire innocuo:

  • 1488, combinazione che richiama sia le “14 parole” suprematiste sia “HH” (Heil Hitler).
  • Have a totally joyful day”, che nasconde l’acronimo TJD (“Total Jewish Death”).
  • Soprannomi per Hitler come “il pittore austriaco”, “zio A”, “i baffi”.
  • Appellativi per Mussolini: “LVI”, “Benny”, “Mascellone”, “Crapùn”.

Tutto è pensato per essere letto in modo diverso da pubblici diversi: per chi non sa, è una battuta. Per chi sa, è propaganda.

Il ruolo delle emoji

Nel linguaggio dell’estrema destra online conta anche la scelta delle emoji:

  • 🐀, 🐍, 🐷 per rappresentare stereotipi antisemiti.
  • 🦅 per richiamare l’aquila imperiale nazista o franchista.
  • ✋ come versione “crittata” del saluto romano.
  • ⚡⚡⚡ per rimandare alle SS.

Nel dossier si parla esplicitamente di “dog whistle”: messaggi che suonano muti per la maggioranza ma chiarissimi per chi è parte del gruppo.

L’ironia come scudo: quando la propaganda si finge satira

Dal meme al negazionismo mimetico

Una delle intuizioni più forti del report riguarda il ruolo dell’ironia. I meme sono la forma più efficace per normalizzare contenuti che, se dichiarati apertamente, verrebbero rimossi all’istante.

Hitler, Franco, Mussolini compaiono sempre più spesso in meme dubbi: battute che sembrano ingenue, ma in cui la presenza di svastiche, riferimenti impliciti e ammiccamenti grafici crea una comunità di lettori che capisce cosa deve capire.

Il principio è chiaro: creare “negazione plausibile”.
È solo una battuta.
Era ironia.
Non prendete tutto così sul serio.

È la strategia descritta nel 2016 dal neonazista Andrew Anglin, citato nel dossier: “Il lettore profano non deve capire se stiamo scherzando o no”. L’obiettivo, nelle sue parole, è diffondere “nazismo non ironico mascherato da nazismo ironico”.

Pepe the Frog e la costruzione di un’icona

Il caso più emblematico è quello di Pepe the Frog: un personaggio dei fumetti trasformato in mascotte della alt-right statunitense. Il passaggio da meme “cute” a simbolo di propaganda suprematista è stato rapido, e la sua circolazione sui social ha avuto un ruolo nella costruzione dell’immaginario politico che ha accompagnato la stagione Trump. Una normalizzazione visiva che il dossier descrive con precisione.

Le piattaforme come acceleratori (involontari)

L’algoritmo come alleato inconsapevole

Il dossier mostra che Meta, TikTok e X spesso non colgono i codici. Anzi:

  • Facebook ha promosso contenuti negazionisti dell’Olocausto digitando semplicemente “Olocausto”.
  • TikTok ha diffuso video neonazisti anche a utenti nuovi, spesso giovanissimi.
  • X, dopo l’arrivo di Musk, ha allentato la moderazione, reintegrato complottisti e reso l’odio più visibile.

La moderazione umana non è sufficiente; l’IA da sola non riconosce meme ambigui; il sistema Community Notes di X è inefficace.

Telegram: la “zona franca”

Il report ricorda che Telegram è strutturalmente favorevole alle comunità estremiste:

  • moderazione quasi assente,
  • gruppi chiusi o semi-chiusi,
  • bot che replicano e amplificano contenuti.

Una particolarità segnalata: su Telegram esistono GIF di Franco e Mussolini, ma non di Hitler — non per scelta politica, ma per un baco commerciale nella gestione delle librerie GIF.

La sfida finale: riconoscere ciò che non vuole essere riconosciuto

Il dossier insiste su un punto: la battaglia contro il linguaggio estremista online non si vince solo con i ban, perché i codici si evolvono più in fretta delle policy.

La soluzione non è gridare alla censura, né affidarsi a filtri automatici imperfetti, ma imparare a decifrare ciò che si presenta come innocuo.

Capire quando una battuta è una battuta e quando è una palestra retorica per normalizzare il peggio del Novecento.
Capire se un acronimo non è un acronimo qualunque.
Capire quando un meme non sta facendo ridere, ma addestrando.

Un problema di contesto, non di linguaggio

Il cuore del problema è qui: il linguaggio estremista online funziona perché vive nella zona grigia creata dagli algoritmi e dalla tendenza degli utenti a leggere solo ciò che li diverte.
Se il confine tra satira e propaganda diventa volutamente indistinguibile, il terreno è ideale per chi vuole normalizzare concetti che nella sfera pubblica non potrebbero esistere allo stato puro.

L’informazione — quella verificata, contestualizzata, documentata — serve esattamente a rompere questa ambiguità.

L’estrema destra contemporanea non cerca un ritorno al passato; cerca un nuovo canale.
Ha trovato nella lingua ibrida del web un modo per esistere senza essere identificata, per crescere senza assumersi responsabilità, per diffondere messaggi eliminando ogni traccia esplicita.

Il linguaggio estrema destra online non è un folklore digitale: è un sistema politico.
E come ogni sistema politico, va capito, analizzato, smontato pezzo per pezzo

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